La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca caratterizzata da un flusso di battiti intermittenti ed irregolari.
Questo problema (che è un fattore di rischio per lo sviluppo di ictus) si manifesta anche in individui apparentemente sani.
Circa tre milioni di americani soffrono di fibrillazione atriale e si sottopongono a cure periodiche per curarla nel migliore dei modi.
Tra i fattori di rischio più conosciuti vi sono l’età, l’ipertensione, l’ipertiroidismo, l’obesità, il diabete mellito, l’apnea del sonno, il consumo eccessivo di alcol, malattie polmonari e difetti cardiaci congeniti. La fibrillazione atriale ha diverse gradazioni (quella più bassa, detta di prima diagnosi; quella parossistica; la persistente; infine quella permanente).
“Un paziente su cinque registra episodi di ictus dovuti alla fibrillazione atriale, ” ha detto il dottor Christian T. Ruff, cardiologo presso il Brigham and Women Hospital di Boston e studioso del problema.
Le persone con una fibrillazione atriale solitamente registrano palpitazioni periodiche, dolore toracico, mancanza di respiro, insolita stanchezza o vertigini.
Il problema si può rilevare attraverso un esame di elettrocardiogramma o ECG, o indossando un Holter per settimane. La fibrillazione è più comune negli uomini e negli anziani tanto che sono stati diagnosticati più di 460.000 nuovi casi ogni anno (un numero destinato a raddoppiare nei prossimi 25 anni).
Come si può gestire la fibrillazione atriale prevenendo, quindi, possibili peggioramenti?
Secondo il dottor Ruff, la prima cosa da fare consiste nell’individuare e correggere i fattori di rischio. In secondo luogo, bisogna sottoporre i pazienti a cure a base di anticoagulanti, per evitare la formazione di trombi.
Il trattamento più comune e meno costoso, consiste nel Warfarin, noto anche con il nome commerciale di Coumadin. Si tratta di un farmaco che interagisce con una serie di alimenti, in particolare gli spinaci ed i cavoli (ricchi di vitamina K), e con altre medicine (per questo motivo, è importante consultare il proprio medico prima di intraprendere il trattamento).
Le persone metabolizzano il Warfarin in modo diverso e questo rende necessario il monitoraggio costante della capacità di coagulazione del paziente, proprio per ridurre il rischio di sanguinamento eccessivo.
La preoccupazione legata a questo farmaco ha stimolato lo sviluppo di altri anticoagulanti che sembrano più sicuri ma molto più costosi rispetto al Warfarin generico. La Food and Drug Administration, infatti, ha già approvato tre farmaci alternativi: l’ Apixaban (Eliquis), il Dabigatran etexilato mesilato (Pradaxa ) ed il Rivaroxaban (Xarelto).
I pazienti che non rispondono alla cura farmacologica possono sottoporsi ad una procedura invasiva chiamata ablazione transcatetere con radiofrequenza che risulta efficace nel 70% delle persone che presentano il problema. Un catetere viene inserito in una vena, solitamente attraverso un piccolo taglio nell’inguine e raggiunge il cuore. A questo punto, piccoli elettrodi identificano le aree malfunzionanti che poi verranno distrutte.
“Anche se questa tecnica permette di intercettare ed intervenire sulle aree compromesse“, ha sentenziato il dottor Ruff, “è importante che i pazienti continuino il trattamento con un anticoagulante“.
Se, invece, la frequenza cardiaca dovesse risultare eccessivamente bassa ed i rischi di un ictus, elevati, allora sarà necessario ricorrere all’impianto di un pacemaker.
Autore | Marirosa Barbieri
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