Un passo in avanti. Potrebbe essere vista così la recente scoperta condotta dal Melbourne’s Walter and Eliza Hall Institute, sul ruolo delle cellule staminali nello sviluppo del cancro al seno.
Lo studio è stato pubblicato oggi sulla rivista Nature.
Il team di ricercatori ha scoperto che le staminali del seno e le loro “cellule figlie” hanno una vita molto più lunga rispetto a quanto si pensasse e sono attive nel periodo della pubertà e nell’intero arco di vita dell’individuo.
Questo significa che, dette cellule, potrebbero ospitare difetti genetici o danni che portano allo sviluppo del cancro nei successivi decenni, spostando potenzialmente indietro la lancetta del tempo dello sviluppo del cancro.
LA SCOPERTA
La scoperta da parte dei ricercatori fa parte dello studio teso ad individuare le cellule che originano il cancro al seno e la ricerca su nuovi trattamenti e diagnosi per il carcinoma mammario.
Nello studio (condotto dalla dottoressa Anne Rios e dal dottor Nai Yang Fu) che ha rintracciato le cellule staminali normali ed il loro sviluppo, il team ha scoperto che le cellule staminali sono presenti attivamente nel tessuto del seno per la maggior parte della vita della persona e contribuiscono a tutte le principali fasi del suo sviluppo.
I ricercatori hanno perciò concluso che scoprire e conoscere la lunga durata di vita e la programmazione delle cellule staminali del seno, potrebbe avere importanti implicazioni nell’identificazione delle cellule che danno vita ai tumori.
Il legame tra cellule staminali e tumore al seno è stato oggetto di diversi studi. Si ricordi la ricerca pubblicata su Nature, il 23 luglio scorso, da un team di esperti che hanno scoperto che le cellule staminali mesenchimali umane possono ospitare focolai tumorali e promuovere la crescita del cancro.
Gli scienziati hanno verificato se, l’iniezione di hMSC (cellule staminali mesenchimali umane), influisse sul tumore, sulla sua crescita e sulla metastasi.
Il risultato è stato il seguente: l’iniezione di una quantità di cellule staminali umane nei topi ha portato la crescita del tumore alla mammella e metastasi nei ratti.
Autore | Marirosa Barbieri
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