Molti lo guardano con sospetto, altri, invece, ne decantano le qualità.
Si tratta dell’esame diagnostico implementato da un gruppo folto di ricercatori provenienti da diverse aree geografiche (Estonia, Finlandia,Massachusetts, Boston e Bristol).
La ricerca è stata pubblicata sul magazine Plos Medicine e sembra destinata a far discutere mentre molti l’ hanno ribattezzata come il death test.
Come funziona la tecnica?
Lo studio è stato condotto su un campione di più di 17.000 persone su cui è stato effettuato un prelievo di sangue.
I ricercatori, poi, utilizzando una tecnica sofisticata chiamata spettrometria a risonanza magnetica nucleare hanno studiato quattro biomarcatori chiave nel corpo (un biomarcatore è una molecola biologica trovata nel sangue, nei fluidi corporei o tessuti in grado di segnalare un processo anormale, una condizione o una malattia).
La maggior parte dei biomarcatori correnti, infatit, sono utilizzati per verificare il rischio individuale di sviluppare una condizione specifica.
Gli esperti hanno poi assegnato un punteggio a ciascuna delle molecole analizzate: quanto più l’indice era alto tanto più si rischiava di morire nel giro di pochi anni.
Le persone i cui biomarcatori erano fuori forma, avevano cinque volte in più la probabilità di morire entro cinque anni dal test del sangue.
“Quello che è particolarmente interessante è che questi biomarcatori riflettono il rischio di morire legato a tipi molto diversi di malattie, come quelle cardiache o il cancro“, ha detto il dottor Johannes Kettunen dell’Istituto di Medicina Molecolare in Finlandia.
I campioni di sangue di oltre 17.000 persone sane, sono stati sottoposti a screening per più di un centinaio di diversi biomarcatori, tra cui l’albumina, l’ alfa – 1 – glicoproteina acida, citrato e lipoproteine a bassissima densità collegate alle funzionalità epatica e renale, infiammazione e infezione, metabolismo energetico e la salute vascolare.
In quel momento 684 persone sono morte di una serie di malattie e malattie, tra cui il cancro e le malattie cardiovascolari. Gli scienziati hanno scoperto che quelle persone avevano tutti i livelli simili di quattro biomarcatori.
“Crediamo che in futuro possono essere usate queste misure per identificare le persone che appaiono in buona salute e quelle a rischio“.
Un partecipante su cinque con punteggi più alti dei biomarcatori, è morto entro il primo anno di studio.
Il professore Markus Perola dell’Istituto per la salute e il benessere ha detto: “è stato un risultato piuttosto sorprendente. E’ stato fantastico scoprire che questi biomarcatori ci sono serviti per predire la mortalità, indipendentemente dalla malattia”.
Autore | Marirosa Barbieri
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