Le cellule staminali hanno catturato l’attenzione e l’immaginazione di molte persone ormai nel mondo. Se ne parla parecchio ormai, da diversi anni un po’ ovunque, non solo negli ambienti specializzati in medicina, ma anche su Internet e nei telegiornali, per la loro indiscussa capacità di trattare, con grande successo, diverse aree del nostro organismo e di molti campi della medicina. In particolare, qui vogliamo parlarvi degli sforzi che sono stati realizzati negli Stati Uniti, dove la ricerca per le cellule staminali è sostenuta e avvallata dalla Legge, per utilizzare le cellule staminali nel campo della mastoplastica costruttiva, allo scopo di migliorare la qualità di vita delle pazienti che sono state sottoposte alle cure per il cancro e che sono sopravvissute, per riportare il corpo di una donna verso il suo antico splendore, ma in maniera del tutto naturale e sicura.
La terapia di cui vi vogliamo parlare, è stata messa a punto dal Dott. J. Peter Rubin, Direttore del Reparto di Chirurgia Plastica dell’Università di Pittsburgh. L’intervento prende le rime da un metodo mininvasivo volto a recuperare il volume dei seni: utilizzando il grasso rimosso da una parte del corpo per trapiantarlo in un’altra, si vuole ristabilire l’antica forma dei seni di una donna operata di cancro. Il trapianto di grasso è una procedura per nulla nuova nel campo della chirurgia plastica, ed esiste ormai da diversi decenni negli Stati Uniti. La tecnica attuale ha alle spalle almeno 100 anni di esperienza, ma la sua popolarità è recente, per via del fatto che è solo grazie a strumenti sempre più specializzati, che la chirurgia plastica è ora alla portata di tutti.
Il problema più grande riscontrato nei trapianti di tessuto adiposo, è dato dal fatto che il grasso può perdere di volume ed essere assorbito dal corpo nel tempo, lasciando un effetto diverso rispetto a quello che era stato in grado di riprodurre all’inizio del trattamento. Tramite questa terapia, le cellule staminali, separate dal tessuto adiposo della paziente, vengono invece mescolate insieme al grasso, per aiutare le potenzialità ‘guaritrici’ dell’innesto stesso.
Se da un lato questa tecnologia si rivela promettente, dall’altro non dobbiamo dimenticare che questo è un trattamento sperimentale, e dovrebbe essere effettuato solo come parte di un trial clinico. Vi sono infatti diversi aspetti ai quali bisogna guardare e che vanno analizzati attentamente, prima che questa terapia possa essere disponibile al pubblico.
1. Il primo problema ha a che fare con il fatto che ancora non sappiamo se le cellule staminali saranno in grado di stimolare la crescita delle cellule cancerose del seno. Le cellule staminali sono utili in una situazione di mastoplastica ricostruttiva perché agiscono come piccole fabbriche che, producendo sostanze chimiche, sono in grado di stimolare ed avviare il processo di guarigione. In pazienti che abbiano subito radiazioni e che abbiano sviluppato del tessuto cicatriziale, questo tipo di trapianto potrebbe significativamente migliorare la circolazione del sangue verso i tessuti, e migliorare la ritenzione del volume stesso del tessuto innestato. Tuttavia, gli stessi benefici effetti hanno in sé lo stesso potenziale distruttivo: le cellule staminali potrebbero essere in grado di stimolare la crescita delle cellule cancerose di quell’area.
Gli studi effettuati finora, dimostrano che le cellule staminali, quando cresciute in una coltura insieme a cellule cancerose, sono in grado di stimolare la crescita di quest’ultime. Questi studi però presentano dei limiti; innanzitutto perché sono stati realizzati in coltura, e poi perché le cellule tumorali utilizzate erano già caratterizzate da una velocità di crescita particolarmente elevata. Alcuni studi, effettuati sugli animali però, sembrano indicare lo stesso tipo di risultati.
Il lavoro effettuato dal team dell’Università di Pittsburgh, consta di due parti: una parte, si è occupata di testare gli effetti delle cellule staminali su cellule del cancro dormienti, e l’altra su cellule cancerose con una velocità di crescita elevata. Questa suddivisione, simula molto più precisamente la situazione che si viene a creare nelle pazienti con cancro al seno in cui vi siano cellule cancerose in altre aree del seno che però sono dormienti. Questi studi hanno dimostrato che le cellule tumorali dormienti non vengono attivate dalle cellule staminali. Questa questione porta immediatamente ad un’altra questione irrisolta: quanto è sicura questa terapia?
2. Tenuta da conto la possibilità che le cellule staminali possano causare la riproduzione delle cellule tumorali, trattamenti di questo tipo avrebbero un effetto migliore su pazienti che vengono dichiarati clinicamente liberi dal cancro. Di conseguenza, una domanda importante alla quale rispondere, ha a che fare con gli effetti di questo trattamento sulla chirurgia oncologica. Quanto tempo sarà necessario aspettare, prima di somministrare una cura del genere ed avere conferma che un paziente sia effettivamente libero dalla malattia? A questa domanda si può rispondere solo tramite attenti studi clinici effettuati su un elevato numero di pazienti, in un lungo periodo di tempo.
3. Un’altra preoccupazione, può essere quella di chiedersi se questa terapia possa avere delle conseguenze sullo screening periodico. Qualsiasi tipo di intervento al seno causa un cambiamento nella mammografia. Per questo è molto importante informare i radiologi di qualsiasi procedimento avvenuto in precedenza, prima di iniziare la mammografia, cosicché il radiologo possa ottenere tutti gli strumenti necessari ad interpretare correttamente i risultati. Questo fatto ha portato a credere che iniettare del grasso nel seno possa risultare, in sede di mammografia, come particolarmente allarmante e pericoloso, perché il grasso può produrre tessuto cicatriziale e piccole calcificazioni nel tessuto del seno, il che porterebbe all’aumento del numero di biopsie non necessarie da effettuare. Tuttavia, uno studio effettuato a questo proposito dal team di Pittsburgh ha dimostrato come questi cambiamenti nel tessuto mammario siano pari a quelli che si verificano in caso di mastoplastica riduttiva, un’operazione di chirurgia plastica rutinaria che non ha a che vedere con niente di pericoloso. Altri studi dovranno essere effettuati prima di confermare questa scoperta, ma pare che così come altre operazioni, anche questa, allo stesso modo, possa influenzare gli apparenti risultati di una mammografia, ma senza peggiorarli né aumentarli.
4. Vi sono poi altre preoccupazioni più generiche da considerare, che sono legate al trapianto di grasso. Il grasso può creare delle calcificazioni, chiamate con il nome di necrosi adiposa, ovvero del tessuto cicatriziale traducibile in noduli duri al tatto. Inoltre, come dicevamo all’inizio, nonostante l’uso di cellule staminali per stimolare il processo di guarigione, il grasso potrebbe comunque venir assorbito in parte dal corpo, e l’effetto desiderato del trattamento (un aumento nel volume del seno) potrebbe non notarsi.
In definitiva, questa nuova tecnologia rappresenta una potenziale terapia per la ricostruzione del seno. Sarebbe interessante tenere a mente, come le operazioni tradizionali utilizzate oggi per la ricostruzione del seno, incluse quelle legate all’uso di impianti ed estese procedure di trasferimento di pelle e grasso dalla pancia o da altre parti del corpo al seno, siano state sviluppate negli anni Settanta e negli anni Ottanta. Quindi perché non pensare che sia ora di cambiare, di evolversi? È oltremodo importante indicare che tale tecnologia può essere utilizzata in tutto il corpo, sia per scopi ricostruttivi che cosmetici. Ad esempio, attualmente, il team di Pittsburgh sta conducendo un trial con questa tecnologia, per aiutare il personale militare a guarire da gravi ferite di guerra, e/o civili che siano stati gravemente feriti al volto o al cranio.
Autore | Enrica Bartalotta
© RIPRODUZIONE RISERVATA