Sembra che una classe di farmaci possa interferire con una sostanza chimica cerebrale, gli studi tuttavia non possono ancora dimostrarne direttamente la correlazione causa – effetto. Uno studio collegherebbe un maggiore rischio di demenza all’uso di alti dosaggi, a lungo termine, di una classe di farmaci utilizzati per alcuni casi di allergie come per esempio la “febbre da fieno”, depressione e altre patologie.
I farmaci in questione, chiamati anticolinergici, includono difenidramina (Benadryl) e antidepressivi triciclici come la doxepina (Sinequan). Questa classe di medicinali comprende anche antistaminici più vecchi come la clorfeniramina (cloro-Trimeton) e medicinali antimuscarinici per il controllo della vescica, come l’ossibutinina (Ditropan).
Tuttavia, se lo studio in questione potrebbe indicare solo una associazione con l’uso, a lungo termine, di alte dosi di questi farmaci a un maggiore rischio di demenza, non è ancora stato possibile dimostrarne la diretta causa-effetto.
Inoltre, la relazione “non si è verificata al range di dosaggio più basso, ma rapportandosi a dosaggi più alti usati a lungo termine”, ha dichiarato il Dr. Alan Manevitz, psichiatra clinico. L’esperto non è stato coinvolto nel nuovo studio.
Il Dr. Manevitz ha anche sottolineato che, comunque, i pazienti che assumono tali medicinali “non devono interrompere bruscamente un trattamento farmaco attuale, ma piuttosto dovrebbero prima consultare il proprio medico”. Il nuovo studio è stato condotto dalla Dr.ssa Shelly Gray del Group Health Research Institute, University of Washington. Il suo team ha spiegato che la classe anticolinergica di farmaci lavorano bloccando un neurochimico chiamato acetilcolina, sia nel cervello e nel corpo.
Il Dr. Manevitz ha osservato che le persone “affette da morbo di Alzheimer in genere mostrano una marcata carenza di acetilcolina”. Il nuovo studio ha monitorato un campione di oltre 3.500 anziani, che sono stati seguiti per più di sette anni: il team di ricerca della Dr.ssa Gray ha scoperto che le persone che hanno assunto almeno 10 milligrammi al giorno di Sinequan, 4 mg al giorno di Cloro-Trimeton, o 5 mg al giorno di Ditropan per più di tre anni, sono stati più a rischio di sviluppare la demenza.
Il Dr. Manevitz, di contro, ha osservato che l’uso occasionale di questi farmaci non sembra essere legato ad un aumento del rischio di demenza. “Il rischio di demenza era dovuto a un totale cumulativo di esposizione, non a un breve anche se acuto trattamento”, ha detto.
La Dr.ssa Gray ha quindi dichiarato, in un comunicato stampa, che “gli adulti più anziani dovrebbero essere consapevoli del fatto che molti farmaci – tra cui alcuni disponibili senza prescrizione medica, come certi regolatori del sonno, abbiano forti effetti anticolinergici ”. “Inoltre”, ha aggiunto, “i produttori di tali farmaci dovrebbero dichiararlo”. Tuttavia, “non si deve interrompere l’assunzione di qualsiasi terapia senza consultare il proprio medico”, conferma anche la Dr.ssa Gray, direttore del programma di farmacia geriatrica presso l’Università di Washington School of Pharmacy.
“Invece”, ha continuato, “i medici dovrebbero rivedere regolarmente alcune terapie farmacologiche dei loro pazienti più anziani – tra cui appunto i regolatori del sonno – cercando la possibilità di utilizzare un minor numero di farmaci anticolinergici a dosi più basse”, ha consigliato. Lo studio, pubblicato lo scorso 26 gennaio, è il primo a collegare l’uso maggiore di farmaci anticolinergici ad un aumento del rischio di demenza. Ma i ricercatori hanno evidenziato anche che il rischio di demenza associato al consumo di questi farmaci potrebbe non essere reversibile, anche dopo anni che le persone in oggetto hanno smesso di assumere alte dosi di tali medicinali.
Il Dr. Manevitz ha giudicato il nuovo studio come “ben progettato” e ha aggiunto anche che il problema reversibilità è una variabile preoccupante. “L’opinione generale” ha dichiarato, “è che il deterioramento cognitivo lieve è reversibile in sospensione della terapia coi farmaci anticolinergici, ma questo studio sembra trovare elementi per dubitarne”. Secondo il Dr. Manevitz, “abbiamo bisogno di educare i pazienti e le loro famiglie sulla assunzione dei farmaci regolatori del sonno e su terapie alternative. Inoltre, gli anziani nelle case di riposo tendono ad avere una lunga lista di farmaci da assumere quotidianamente, di cui occorre verificarne periodicamente la effettiva necessità, le varie interazioni e la ridondanza” .
L’esperto ritiene che i medici dovrebbero pensare a sostituti degli anticolinergici quando possibile, e comunque a prescriverne la dose più bassa possibile e sospenderne la somministrazione non appena il quadro clinico del paziente lo consentisse.
La Dr.ssa Gray ha per noi consigli simili: “Se i medici devono prescrivere un farmaco con effetti anticolinergici, perché ritengono che sia la migliore terapia per i loro pazienti, devono farne assumere la più bassa dose possibile per consentirne comunque l’efficacia, monitorando costantemente la terapia per assicurare che tutto funzioni e quindi interromperla immediatamente se risultasse inefficace”, ha suggerito.
Inoltre, ha aggiunto che sono disponibili delle valide alternative per alcuni farmaci anticolinergici, tra cui un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina come il Citalopram (Celexa) o il fluoxitene (Prozac) per la depressione, o un antistaminico di seconda generazione come la ioratadina (Claritin) per il trattamento e la cura di alcune allergie.
Approfondimento: alzheimers/news/…
Autore | Daniela Bortolotti
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