Marirosa Barbieri – Il saggio Confucio diceva che “tutto ha una bellezza ma non tutti riescono a vederla”.
Quando si riesce a scorgere e percepire la bellezza in una persona o in una cosa, scatta un meccanismo tanto affascinante quanto incomprensibile: l’attrazione.
A livello fisico, in particolare, si attiva una parte del cervello: la corteccia orbito-frontale, definita l’area del cervello deputata alla percezione della bellezza.
E’ quanto scoperto da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica PLoS ONE a firma di Tomohiro Ishizu e Semir Zeki.
Gli scienziati chiamano questa scoperta “Brain based theory of beauty” (la teoria della bellezza basata nel cervello).
La ricerca è importante perché per la prima volta dimostra che l’idea di bellezza risiede in noi, è un concetto estremamente soggettivo, variabile ed oggi, fisicamente misurabile.
LO STUDIO
Lo studio è stato condotto su un campione di 21 volontari che hanno accettato di sottoporsi alla visione di dipinti e musiche su cui avrebbero dovuto esprimere un giudizio. La scala di giudizio contemplava valori da 1 a 9 (1 era il voto minimo, 9 esprimeva il massimo indice di gradimento).
I volontari (9 maschi, 12 femmine, di età media di 27 anni) sono perfettamente sani, senza particolari disturbi neurologici o psichiatrici alle spalle e provengono da etnie diverse (10 europei, 2 americani, 4 giapponesi, 3 cinesi e 2 indiani).
Durante la visione di queste opere, i volontari sono stati sottoposti ad una “brain imaging” una specie di risonanza magnetica che mostrava quale area del cervello si attivasse in quel determinato momento.
In tutti i pazienti che hanno espresso un giudizio positivo su un’opera, si è illuminata la corteccia orbito frontale del cervello. Nei pazienti che hanno giudicate le opere negativamente, non si è attivato alcun meccanismo fisico significativo.
Questa teoria scientifica conferma quanto già espresso sotto forma filosofica anni addietro da vari personaggi.
“Edmond Burke e molti altri, tra cui Immanuel Kant, Anthony Ashley-Cooper e Joseph Addison, hanno sempre fatto una distinzione tra il bello ed il sublime”, hanno spiegato gli autori dell’articolo scientifico, “con questo studio noi abbiamo misurato fisicamente l’effetto del bello su una persona tralasciando gli effetti del sublime che secondo Burke e company susciterebbe sensazioni di orrore e sgomento. In sintesi, abbiamo fornito una spiegazione neurobiologica alla definizione di Burke secondo cui ci sarebbe una singola area o un insieme di settori celebrali la cui attività si attiva proprio attraverso l’esperienza della bellezza”.
Autore | Marirosa Barbieri
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