Mangiare in una delle più grandi catene mondiali di fast-food (bersaglio di numerose critiche) e perdere peso.
Lo dice uno studio condotto dalla Harvard University sulla dieta e la perdita di peso.
L’assunto in base al quale gli studiosi asseriscono questo, si basa su una considerazione supportata da prove: il dimagrimento è conseguenza del rapporto tra calorie consumate e quelle bruciate. Maggiori saranno le calorie bruciate, più consistente sarà la perdita di peso.
Da ciò deriva che: non conta tanto ciò che mangiamo quanto ciò che consumiamo attraverso le nostre attività giornaliere. Anche se, ricordano gli esperti, “non vi è dubbio che i grassi cattivi svolgano comunque un ruolo importante nell’aumento di peso”.
Sulla base dei risultati, il dottor Frank Sacks (uno dei ricercatori) ha concluso che ” le diete a basso contenuto calorico provocano una perdita di peso clinicamente significativa indipendentemente da quali macronutrienti vengono consumati“.
Lo studio prende le mosse da un esperimento condotto su un individuo, John Cisna, insegnante dell’Iowa che ha perso circa 17 chili, in tre mesi, consumando solamente cibi targati McDonald.
L’alimentazione dell’uomo (che pesava ben 130 chili) si basava su una dieta ipocalorica (2000 calorie giornaliere). La prima colazione prevedeva il consumo di albumi e frutta. Il pranzo consisteva generalmente in un’insalata condita con pollo alla griglia e la cena era a base di hamburger, patatine e gelati. Cisna ha praticato anche un’ attività fisica giornaliera (camminando per 45 minuti).
Oltre alla perdita di peso, a beneficiare dell’alimentazione dell’insegnante, è stato anche il tasso di colesterolo cattivo, sceso di diversi punti.
Questa scoperta permetterebbe, quindi, di “prendere due piccioni con una fava“: di ottenere cioè il dimagrimento e, allo stesso tempo, il soddisfacimento del piacere (perchè si sa: se potessimo scegliere tra verdurine al vapore ed una bella manciata di patatine fritte, la nostra scelta ricadrebbe su quest’ ultima).
“La conclusione cui siamo giunti“, sostengono gli esperti, “supporta la teoria in base alla quale il McDonald costituisce una opzione per la perdita di peso, così come altri fast-food (a patto che non si esageri con le calorie introdotte)“.
A dar manforte a questi risultati, ci pensa la Weight Watchers (una delle più popolari associazioni) che ha monitorato l’alimentazione di diversi soggetti alle prese con la dieta.
Il sistema adoperato da Weight Watchers si avvale di un complicato meccanismo secondo cui ogni alimento ha un certo numero di “punti” assegnati in base alle calorie consumate.
In questo modo, gli osservatori possono verificare attentamente quanto ogni singolo soggetto è solito consumare e bruciare abitualmente.
Si tratta, quindi, di una conferma a quanto sostenuto da diversi studi scientifici e che la Harvard University ha tradotto in termini più rigorosi.
Autore | Marirosa Barbieri
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