Indice Articolo
- 1. >> Panoramica
- 2. >> Fisiopatologia
- 3. >> Presentazione clinica
- 4. >> Diagnosi differenziale
- 5. >> Studi di laboratorio
- 6. >> Radiografia
- 7. >> Altre tecniche di imaging
- 8. >> Analisi del liquido sinoviale
- 9. >> I risultati istologici
- 10. >> Trattamenti e cure
- 11. >> Intervento Chirurgico
- 12. >> Rimedi Naturali
1 – Panoramica
I dolori alle articolazioni possono avere molteplici cause, da diverse malattie comuni che derivano da infiammazione, degenerazione della cartilagine o dei cristalli, infezioni e traumi. L’obiettivo iniziale della valutazione di un paziente con dolori articolari è localizzare la sorgente dei sintomi comuni e determinare il tipo di processo fisiopatologico responsabile della loro presenza. Le diagnosi differenziali dei dolori articolari sono generate in gran parte dalla storia e dall’esame fisico. I risultati dei test di laboratorio servono in primo luogo per confermare le impressioni cliniche ma possono essere fuorvianti se usati indiscriminatamente, quindi vanno eseguiti da personale altamente specializzato.
2 – Fisiopatologia dei dolori alle articolazioni
Il dolore alle articolazioni può derivare da strutture all’interno o adiacenti al giunto o può essere causato da fonti più remote, come capsula articolare, periostio, legamenti, osso subcondrale e sinovia (ma non la cartilagine articolare, che non ha terminazioni nervose). La determinazione della parte anatomica responsabile del dolore articolare è spesso un compito difficile, ma è fondamentale in quanto guida l’approccio alla diagnosi e alla terapia. La conoscenza dell’anatomia delle articolazioni complesse (ad esempio, ginocchio, spalla, caviglia) aiuta senz’altro in questa valutazione. La valutazione del dolore articolare, sia in termini di storia clinica che di risultati dell’esame fisico, è meglio formulata attraverso la comprensione dei tipi fisiopatologici di base delle malattie comuni: sinovite, entesopatia, deposizione di cristalli, infezioni e disordini strutturali o meccanici. Questi tipi di malattie comuni non si escludono a vicenda: esempi di processi patologici che comunemente coesistono includono la deposizione dei cristalli nell’osteoartrite, la sinovite nell’entesopatia e la distruzione della cartilagine nella sinovite cronica.
Sinovite
La membrana sinoviale è il principale sito di infiammazione nelle persone che soffrono di artrite reumatoide e molte altre artriti infiammatorie. La sinovite è caratterizzata patologicamente da:
Neovascolarizzazione
Infiltrazione della sinovia con linfociti, plasmacellule e macrofagi.
Iperplasia delle cellule del rivestimento sinoviale
Causano proliferazione sinoviale, clinicamente si manifesta con calore, indolenzimento al tatto e una consistenza “pantanosa” dei tessuti molli sovrastanti l’articolazione coinvolta. La membrana sinoviale infiammata può essere soggetto di infiltrazioni che vanno ad erodere l’osso intra-articolare e la cartilagine.
Entesite
Si tratta della zona di transizione in cui le strutture di collagene, come tendini e legamenti, si intrecciano con l’osso. Altri esempi di entesite includono l’interfaccia tra osso corticale e il periostio e tra i corpi vertebrali e il tessuto fibroso. L’entesite è il sito principale della patologia spondilo-artropatia sieronegativa. Come risultato dell’infiammazione di queste interfacce, le fibre di collagene orientate radialmente subiscono una metaplasia, formando l’osso fibroso. Queste trasformazioni metaplastiche provocano la formazione di nuovo tessuto osseo (periostite), la progressiva ossificazione delle sindesmosi (ad esempio, le articolazioni sacro-iliache) e la formazione delle sindesmosi lungo le fibre esterne dei dischi vertebrali. Quando si verifica l’entesite in un giunto diartrodiale, si può sviluppare una sinovite secondaria.
Deposizione di cristalli
La deposizione di cristalli nelle strutture articolari può portare a patologia articolare sintomatica. I cristalli responsabili sono: urato monosodico, pirofosfato di calcio diidrato, fosfato di calcio base (tra cui idrossiapatite) e ossalato di calcio. La deposizione urato monosodico avviene sulla superficie della cartilagine ialina, nella sinovia e nelle strutture periarticolari, incluse guaine tendinee e borse. Come risultato, l’infiammazione correlata ai depositi di cristalli di urato può essere localizzata in una borsa o nei tendini (guaina adiacente alla giuntura) o può essere diffusa, cioè che coinvolge più strutture comuni. Clinicamente, un giunto può essere infiammato, con eritema sovrastante, o entrambi. L’infiammazione periarticolare può assomigliare alla cellulite. La deposizione del cristallo pirofosfato di calcio si limita alla cartilagine ialina, alla fibrocartilagine e alle aree di metaplasia condroide all’interno dell’articolazione (cioè, le aree dei tendini, dei legamenti e della capsula articolare degenerata). Nello spazio comune può attivare una artrite infiammatoria acuta, conosciuta come pseudogotta o condrocalcinosi.
Artrite infettiva
La sinovia può diventare sede di infezioni acute o croniche se sono collegati batteri, funghi, virus o altri organismi. Queste infezioni derivano quasi sempre dall’area ematica e possono essere parte di una infezione sistemica. L’infezione si trova nella sinovia. I risultati patologici includono intensa infiltrazione di neutrofili con conseguente necrosi della membrana sinoviale e successiva formazione di granulazione e tessuto cicatriziale. Una massa densa di fibrina, infiltrata dai neutrofili, si forma sulla superficie della sinovia e i prodotti batterici rilasciati all’interno dell’articolazione sono in grado di produrre una rapida distruzione della cartilagine.
Squilibrio del giunto strutturale o meccanico
La degenerazione della cartilagine articolare è la caratteristica patologica principale dell’osteoartrite e si verifica in risposta a fattori sia locali, sia dell’ospite.
I fattori locali sono i seguenti:
» Precedente trauma articolare (ad esempio lesioni meniscali);
» Alterazioni congenite o di sviluppo comuni (ad esempio displasia congenita dell’anca ed epifisiolisi);
» Alterazioni dell’osso subcondrale (ad esempio osteopetrosi, necrosi avascolare e Malattia di Paget);
» Alterazioni di strutture di supporto (ad esempio ipermobilità);
» Alterazioni della cartilagine (ad esempio ocronosi e deposizione di cristalli).
I fattori dell’ospite sono i seguenti:
» Tratti genetici;
» Obesità;
» Occupazione.
Il danno alla cartilagine articolare è associato alla sclerosi dell’osso subcondrale e alla formazione di osteofiti marginali. I pazienti con osteoartrite possono avere un sinovite associato, con la formazione di versamenti sinoviali blandi.
3 – Presentazione clinica dei dolori alle articolazioni
Storia del paziente
Un primo passo fondamentale nella valutazione clinica di un paziente con un giunto doloroso è determinare se il dolore deriva dalla giuntura o da fattori adiacenti (tendini, legamenti, osso) o muscolari, o se si riferisce a un organo o ad una radice nervosa. Questa determinazione è generalmente più difficile quando il dolore è prossimale, nelle articolazioni più grandi. Il dolore all’anca può derivare da malattie degenerative del disco o da stenosi della colonna lombare, Sindrome di Leriche, artrosi dell’anca, o borsite trocanterica.
Ci sono 3 grandi categorie di malattie comuni che devono essere differenziate:
Artrite infiammatoria;
Artrite non-infiammatoria;
Artralgia.
L’artrite infiammatoria è caratterizzata da infiammazione che interessa strutture comuni, come la sinovia, cavità sinoviale, e l’entesi.
L’artrite non-infiammatoria è una malattia comune derivante principalmente da alterazioni della struttura o della meccanica del giunto. La malattia articolare può verificarsi come risultato di uno o più danni cartilagine meniscale con o senza alterazioni concomitanti nella struttura dell’osso subcondrale, o alterazioni dell’anatomia articolare causate da questioni congenite, di sviluppo, metaboliche o malattie infiammatorie passate.
L’artralgia è caratterizzata da dolorabilità alle articolazioni, anche se eventuali anomalie possono non essere identificate. I pazienti possono avere una sindrome di alterazione delle sensazioni di dolore (ad esempio, la fibromialgia) o una sindrome reumatica i cui segnali clinici non sono ancora evidenti o sono troppo leggeri per essere rilevati (ad esempio, artralgia da lupus eritematoso sistemico).
Questi tipi di disturbi articolari possono verificarsi insieme nello stesso giunto. I disturbi articolari infiammatori spesso portano a squilibrio strutturale del giunto e, allo stesso modo, problemi articolari strutturali (ad esempio, l’artrite traumatica o l’osteoartrite) spesso hanno associato, anche come minore componente, l’infiammazione. Infine, va tenuto conto che dolori articolari e sintomi di qualsiasi tipo di malattia articolare sono influenzati dalla soglia di dolore del paziente e dallo stato emotivo.
I sintomi della malattia articolare sono i seguenti:
– dolore;
– rigidità;
– gonfiore;
– limitazione del movimento;
– debolezza;
– stanchezza.
Con la malattia infiammatoria articolare, il dolore è presente sia a riposo che in movimento ed è peggiore all’inizio del movimento, rispetto alla fine. Con la malattia articolare “non infiammatoria” (cioè, degenerativa, traumatica, o meccanica), il dolore si verifica principalmente o solo durante il movimento e migliora rapidamente con il riposo. I pazienti con malattia degenerativa avanzata di anche, colonna vertebrale o ginocchia, possono anche avere dolore a riposo e durante la notte. Il dolore che nasce dalle piccole articolazioni periferiche tende ad essere localizzato in modo più specifico del dolore derivante da grandi articolazioni prossimali. Ad esempio, il dolore derivante dall’articolazione dell’anca può essere sentito nell’inguine o nei glutei, nella parte anteriore della coscia o del ginocchio. La rigidità è una sensazione percepita quando si tenta di muovere le articolazioni dopo un periodo di inattività e diminuisce, tipicamente, nel tempo. La sua durata può servire a distinguere le forme infiammatorie della malattia articolare dalle forme non infiammatorie. Con l’artrite infiammatoria, la rigidità è presente al risveglio e dura in genere 30-60 minuti (o più). Con l’artrite non-infiammatoria, la rigidità è più breve (ad esempio, circa 15 minuti) al risveglio al mattino o dopo periodi di inattività.
Con l’artrite infiammatoria, il gonfiore alle articolazioni è legato alla ipertrofia sinoviale, al versamento sinoviale, o all’infiammazione delle strutture periarticolari. Il grado di rigonfiamento spesso varia nel tempo.
Con l’artrite non-infiammatoria, la formazione di osteofiti porta a gonfiore osseo e i pazienti possono segnalare dita nodose o ginocchia nodose. Si possono verificare lievi gradi di gonfiore dei tessuti molli e sono legati a cisti sinoviali, ispessimento, o effusione.
La perdita di movimento articolare può essere causa di danni strutturali, infiammazione, o contrattura dei tessuti molli circostanti. I pazienti possono segnalare limitazione alle attività della vita quotidiana, come ad esempio indossare il reggiseno, tagliare le unghie dei piedi, salire le scale, o pettinarsi i capelli. La forza muscolare spesso diminuisce attorno ad un giunto artritico come risultato dell’atrofia. La debolezza del dolore muscolo-scheletrico suggerisce una causa (ad esempio, l’artrite o tendinite), piuttosto che una causa miopatica o neurogena pura. Le manifestazioni comprendono riduzione della forza di presa, difficoltà ad alzarsi da una sedia o salire le scale, sensazione che una gamba “ceda”. La fatica è di solito sinonimo di stanchezza e di esaurimento di energia nei pazienti con l’artrite. Con la poliartrite infiammatoria, la fatica è di solito osservata nel pomeriggio o in prima serata. Con i disturbi psicogeni, la fatica è spesso notata al mattino ed è legata ad ansia, tensione muscolare, poco sonno.
Le caratteristiche storiche importanti per la diagnosi differenziale sono le seguenti:
» L’inizio, la durata e la struttura temporale dell’artrite;
» Il numero di articolazioni coinvolte;
» La simmetria di interessamento articolare;
» La distribuzione delle articolazioni colpite;
» Tipi distintivi di coinvolgimento muscoloscheletrico;
» Manifestazioni extra-articolari.
L’insorgenza dei sintomi può essere brusca o insidiosa. Con un esordio brusco, i sintomi articolari si sviluppano in pochi minuti o ore. Questo può verificarsi nel contesto di un trauma, sinovite cristallina o infezione. Nel caso di insorgenza insidiosa, i sintomi comuni si sviluppano nel corso di settimane o mesi. Questo esordio è tipico della maggior parte delle forme di artrite, tra cui l’artrite reumatoide e l’osteoartrite (artrosi).
Per quanto riguarda la durata, i sintomi sono considerati acuti o cronici. I primi sono definiti come presenti per meno di 6 settimane; i sintomi cronici sono definiti come durata 6 settimane o oltre.
Gli schemi temporali di coinvolgimento articolare sono di tipologia migratoria, additiva o simultanea e intermittente. Con un modello migratorio, l’infiammazione persiste solo per un paio di giorni (come nella febbre reumatica acuta o infezione gonococcica disseminata). Con un modello simultaneo, l’infiammazione persiste in articolazioni coinvolte e altre divengono interessate. Con uno schema intermittente, la partecipazione episodica si verifica con periodi di intervento privo di sintomi articolari (come nella gotta, pseudogotta, o artrite di Lyme).
Il coinvolgimento di solo una zona è indicato come monoartrite. L’oligoartrite è il coinvolgimento di 2-4 articolazioni. La poliartrite è il coinvolgimento di 5 o più articolazioni.
L’artrite simmetrica è caratterizzata da coinvolgimento delle stesse articolazioni su ciascun lato del corpo, mentre la asimmetrica è caratterizzata da coinvolgimento di diverse articolazioni sui due diversi lati.
Per quanto riguarda la distribuzione, le articolazioni interfalangee distali delle dita sono di solito coinvolte nella artrite psoriasica, gotta, o osteoartrite. Le articolazioni della colonna vertebrale lombare sono in genere coinvolte nella spondilite anchilosante.
Diverse malattie presentano tipi distintivi di coinvolgimento muscolo-scheletrico. La spondiloartropatia comporta entesite, che porta a dolore al tallone (infiammazione alle inserzioni del tendine di Achille o fascia plantare), dattilite, tendiniti, mal di schiena (sacroileite e inserimenti dei dischi vertebrali). La gotta comporta comunemente guaine tendinee e borse, con conseguente infiammazione superficiale.
Anche le manifestazioni extra-articolari possono variare: i sintomi costituzionali suggeriscono una malattia sistemica sottostante e non sono attesi nei pazienti con malattia degenerativa delle articolazioni; possono includere stanchezza, malessere e perdita di peso; lesioni cutanee possono essere presenti.
L’esame obiettivo della cute, ma non delle articolazioni, può indicare la diagnosi specifica di una serie di malattie reumatiche: LES, dermatomiosite, sclerodermia, malattia di Lyme, la psoriasi, porpora di Henoch-Schönlein e eritema nodoso.
Sintomi o segni oculari sono inoltre possibili: episclerite e sclerite possono essere associate con artrite reumatoide o granulomatosi di poliangite (granulomatosi di Wegener), l’uveite anteriore con la spondilite anchilosante, l’iridociclite con l’artrite idiopatica giovanile; infine la congiuntivite può essere causata da artrite reattiva.
Visita medica
L’esame muscoloscheletrico aiuta a distinguere l’infiammazione delle articolazioni (ad esempio, l’artrite reumatoide) dal danno articolare (ad esempio, malattia degenerativa delle articolazioni). Può anche aiutare a chiarire il luogo di coinvolgimento muscoloscheletrico (ad esempio, sinovite, entesite, tenosinovite, o borsite) e la distribuzione del coinvolgimento articolare.
Segni distintivi infiammazione delle articolazioni dal danno articolare
I segni di malattia infiammatoria articolare sono i seguenti:
1 – ipertrofia sinoviale;
2 – versamenti articolari;
3 – dolore al movimento;
4 – eritema e calore;
5 – gamma limitata di movimento;
6 – indolenzimento articolare.
1 – L’ipertrofia sinoviale è il segno più affidabile di una artrite infiammatoria. La membrana sinoviale è normalmente sottile alla palpazione: in una persona con artrite infiammatoria cronica, la membrana sinoviale ha una consistenza pastosa o “pantanosa”.
2 – I versamenti articolari si sviluppano in risposta a infiammazione sinoviale, traumi, anasarca, emorragia intra-articolare (emartro), o un focolaio adiacente di infiammazione acuta (versamento simpatico); vengono rilevati eseguendo un test di cross-oscillazione attraverso la cavità sinoviale.
3 – Il dolore in tutta la gamma di movimento si osserva in una persona con un giunto acutamente infiammato. Il dolore che aumenta verso il limite della gamma di movimento è indicativo di sinovite, mentre il dolore non presente in tutta la gamma di movimento può indicare una natura extra-articolare, come ad esempio una tendinite.
4 – L’eritema del giunto è limitato a forme infiammatorie acute di artrite, come la gotta, artrite settica, o febbre reumatica acuta; è raro in persone con artrite reumatoide, ma può occasionalmente verificarsi nei soggetti con artrite psoriasica. Il calore del giunto è segno sensibile artrite infiammatoria e può essere rilevato passando la mano avanti e indietro dal giunto ad una zona distale neutra o prossimale. È più facilmente rilevabile sopra il ginocchio anteriore, un sito che dovrebbe normalmente essere fresco al tatto. Le differenze di calore possono essere rilevati anche confrontando lo stesso giunto su ciascun lato del corpo.
5 – In una persona con malattia articolare infiammatoria, la limitazione dei risultati di movimento è in presenza di un versamento teso, una membrana sinoviale marcatamente ispessita, aderenze, fibrosi capsulare, o dolore.
6 – L’indolenzimento articolare è un segno sensibile della malattia articolare, ma non è specifico per le artriti infiammatorie. In un giunto articolare acutamente infiammato, l’indolenzimento può essere constatato lungo tutta la riflessione sinoviale. L’indolenzimento focale, invece, può indicare un focolaio di infiammazione al di fuori dell’articolazione (ad esempio, tendiniti, osteomielite o frattura). La presenza di lieve dolore articolare in assenza di altre anomalie a carico delle articolazioni deve essere interpretata nel contesto di un particolare stato emotivo del paziente.
I segni di malattia degenerativa o meccanica sono i seguenti:
1 – proliferazione ossea delle articolazioni (osteofiti);
2 – gamma limitata di movimento;
3 – crepitio durante la gamma attiva o passiva di movimento;
4 – deformità articolari.
1 – Gli osteofiti situati in corrispondenza delle articolazioni interfalangee distali sono chiamati “nodi di Heberden”, mentre quelli che si trovano in corrispondenza delle articolazioni interfalangee prossimali sono chiamati “nodi di Bouchard”.
2 – Nelle persone con malattie degenerative o traumatiche, la limitazione dei risultati di movimento da corpi liberi intra-articolari, formazione di osteofiti o sublussazione.
3 – Una sensazione palpabile sonora è in genere prodotta durante il movimento dell’articolazione. Un leggero crepitio può essere sentito (o sentito con uno stetoscopio) in un giunto reumatoide quando la superficie della cartilagine non è più liscia. Il crepitio di massima (o di coronamento) può essere auscultato nelle articolazioni gravemente danneggiate da artrite reumatoide di lunga data o artrite degenerativa.
4 – Tre principali tipi di deformità articolare devono essere distinti: il primo tipo è la restrizione della normale gamma di movimento (ad esempio una mancanza di completa estensione comune, che si traduce in una deformazione di flessione). Il secondo è il disallineamento delle ossa articolari (ad esempio, deviazione ulnare delle dita o del ginocchio valgo). Il terzo tipo è un’alterazione nel rapporto delle superfici articolari, come la sublussazione (cioè un contatto fra le superfici articolari) o dislocazione (cioè completa perdita di contatto fra le superfici articolari).
Tecniche generali di esami muscolo-scheletrico
Le tecniche utilizzate in sede di esame muscolo-scheletrico sono i seguenti:
1 – ispezione;
2 – palpazione;
3 – valutazione della gamma di movimenti.
1 – Nella tecnica di ispezione, ogni giunto ha un aspetto caratteristico o normale e ciascuno assume una caratteristica posizione di riposo. È necessario confrontare un lato del corpo con l’altro in modo da rilevare anomalie comuni, comprendenti gonfiore, deformità, sovrastante eritema. Con una vista sagittale del paziente, prendere nota delle deformità articolari che derivano dalla mancanza di una piena estensione di un giunto (ad esempio, deformità in flessione). Con una vista coronale del paziente, prendere atto di disallineamento articolare, che può provocare deformità.
2 – La palpazione delle articolazioni è utilizzata per valutare i segni di infiammazione (per esempio il calore, l’ipertrofia sinoviale, versamento articolare e la tenerezza) e segni di danno articolare (ad esempio gonfiore osseo e crepitio). L’esaminatore deve palpare con una pressione sufficiente ad assicurare che la valutazione della dolorabilità sia uniforme. L’applicazione di questa quantità di forza durante la palpazione non dovrebbe causare dolore in un giunto normale.
3 – Valutare la limitazione del movimento passivo attraverso il confronto con l’intervallo previsto di moto osservato in individui sani e con la gamma di movimento dell’articolazione controlaterale. La valutazione della gamma di movimento attivo può essere utilizzata per determinare la presenza di patologia in strutture iuxta-articolari (ad esempio, tendini e borse). Il dolore che si verifica solo durante una parte della gamma di movimento può essere correlato ad una struttura extra-articolare. Valutare il dolore associato al movimento dell’articolazione, osservando il viso del paziente per rilevare eventuale smorfia di dolore.
Valutare il crepitio palpando il giunto con una mano mentre si muove l’articolazione passivamente con l’altra. Nelle estremità inferiori, il crepitio dell’anca o del ginocchio a volte può essere sentito quando il paziente si alza da una sedia, sale su un gradino, o fa perno sull’articolazione interessata.
Valutare inoltre l’instabilità o mobilità anormale applicando forze al giunto rilassato su piani di movimento normalmente associati con poco o nessun movimento. L’instabilità di una giuntura negli arti inferiori (ad esempio un ginocchio o una caviglia) dovrebbe essere valutata osservando l’articolazione durante la conduzione di un peso. L’instabilità dell’articolazione potrebbe essere dovuta a lassità dei legamenti o distruzione della superficie articolare.
Tecniche specifiche per la rilevazione di artrite in singole articolazioni
Per rilevare versamenti sinoviali nelle articolazioni interfalangee, spremere delicatamente le linee articolari superolaterali con il pollice e l’indice mentre si procede a palpazione laterali e dorsali con l’altro pollice ed altro indice. Utilizzare le dita per rilevare un effetto di rigonfiamento quando la pressione viene applicata al giunto.
Per rilevare la sinovite metacarpofalangea, premere delicatamente gli aspetti dorsali distalmente con il pollice e l’indice di una mano.
Per valutare la forza di presa, chiedere al paziente di premere fra loro due dita adiacenti della tua mano con la massima forza.
Per la valutazione del polso, sostenere il polso con 15° di flessione. Palpare la parte dorsale del radiocarpale e i giunti ulnocarpali per rilevare una consistenza spugnosa, che è indicativa di ipertrofia sinoviale.
Nel gomito, indagare sulle deformità in flessione (ad esempio l’incapacità di estendere completamente), che può essere un segno precoce di artrite infiammatoria. Palpare cercando il gonfiore dei tessuti molli di sinovite nella fossa tra l’olecrano e gli epicondili laterale o mediale. Valutare eventuali noduli sottocutanei nelle borse e sulle superfici estensorie del gomito e avambraccio: possono rappresentare noduli reumatoidi.
Nella spalla, valutare la funzione del complesso della spalla. Osservare il paziente mentre muove entrambe le braccia da 0° a fianco del corpo a 180° verso l’alto. Valutare la rotazione esterna notando la posizione dietro il collo o la testa che le mani del paziente possono raggiungere dall’alto. Valutare la rotazione interna osservando il livello più alto del dorso delle mani del paziente in grado di raggiungere la parte posteriore partendo dal basso: la limitazione del movimento della spalla attiva dovrebbe indurre la valutazione di movimento passivo.
Isolare e valutare il movimento dell’articolazione gleno-omerale. Controllare la scapola del paziente fissa al suo posto e con il gomito flesso. Con una mano evitare che la colonna vertebrale o la punta della scapola si muovano, mentre con l’altra verificare il braccio flesso del paziente. La normalità è un movimento a 90°.
La rotazione esterna è un movimento mediato esclusivamente dal gleno-omerale. Può essere valutata dalla rotazione esterna del braccio, che viene flesso a 90° al gomito e posizionato sia sul lato del paziente o a 90° di abduzione. La limitazione del movimento gleno-omerale è indice di artrite dell’articolazione gleno-omerale o di fibrosi capsulare.
Per valutare la funzionalità della cuffia dei rotatori è necessario osservare il paziente muovere attivamente il braccio. Eventuale dolore provato a 60-100° di abduzione attiva è indice di tendinite del sovraspinato, borsite subacromiale, o entrambi.
Nella colonna vertebrale, valutare la gamma di movimento in tutte le regioni (ad esempio, cervicale, toracica e lombare). Per la colonna vertebrale cervicale, chiedere al paziente di toccare il petto con il mento (flessione) e poi guardare il soffitto (estensione). Per la flessione laterale, chiedere al paziente di toccare la spalla con un orecchio. Per la rotazione laterale, chiedere al paziente di toccare una spalla con il mento. Durante la rotazione laterale e la flessione, il dolore che si verifica sul lato omolaterale del collo è di origine ossea (ad esempio, malattia articolare apofisario), mentre il dolore sul lato controlaterale è muscolare o di origine legamentosa.
Nella colonna vertebrale toracica, la limitazione dell’espansione del torace è segno di spondilite anchilosante. La circonferenza del torace deve essere misurata a livello dei capezzoli durante e tra le inspirazioni. Una differenza inferiore a 2,5 cm di ispirazione è chiaramente anormale.
Per la colonna lombare, valutare flessione, estensione e flessione laterale. Il dolore all’atto dell’estensione suggerisce patologia negli elementi posteriori della colonna vertebrale (ad esempio faccette articolari o compressione neurogena con stenosi spinale). Il dolore alla flessione suggerisce discopatia. La flessione laterale è limitata precocemente nel corso della spondilite anchilosante.
La flessione lombare della colonna vertebrale è misurata in modo riproducibile con il test di Schober. Con il paziente in posizione eretta, predisporre un segno orizzontale al livello delle fossette sacrali, poi un secondo segno sopra la colonna vertebrale ad una distanza di 10 cm superiore al primo segno. Fare curvare il paziente in avanti nel tentativo di toccare il pavimento. La distanza tra i due punti è la misura della flessione. Di norma, la distanza dovrebbe aumentare da 10 cm a più di 15 cm.
La limitazione di flessione del rachide lombare può essere manifestata in caso di spasmo muscolare e spondilite anchilosante. Una più grave limitazione del movimento (ad esempio con un incremento minore di 2 cm) senza dolore lombare acuto è un segno affidabile di spondilite anchilosante.
Per la valutazione dell’anca, eseguire il test di “log-rolling”. Con gamba del paziente in estensione, tirare delicatamente tutto l’arto avanti e indietro. La limitazione della rotazione interna o esterna (in particolare nel confronto con l’anca controlaterale) o il dolore all’inguine sono indicativi di patologia dell’anca.
Il test di Thomas aiuta a valutare per la deformità in flessione. L’anca opposta è completamente flessa per appiattire la lordosi lombare e fissare il bacino. Se il ginocchio del lato interessato si alza al di fuori del lettino, è presente una deformità omolaterale dell’anca in flessione: può essere un’indicazione di artrosi dell’anca o di problemi ai muscoli flessori dell’anca. Per la prova di Trendelenburg, al paziente viene chiesto di stare in piedi e appoggiare il peso solo sulla gamba coinvolta. Se la pelvi controlaterale scende al di sotto del livello, allora c’è debolezza sul lato colpito. La debolezza dell’abduttore dell’anca è un segno di artrosi dell’anca.
Per quanto riguarda il ginocchio, per valutare la sinovite, effettuare un controllo visivo del giunto per eventuale gonfiore ed eritema, confrontando il ginocchio colpito con il ginocchio controlaterale. Palpare per sentire il calore e confrontare la temperatura del ginocchio interessato con quella del ginocchio controlaterale. L’esaminatore deve passare delicatamente una mano da metà coscia al ginocchio, valutando se c’è una temperatura più calda sopra il ginocchio.
Per il versamento sinoviale cercare segno rigonfiamento. Il test di rigonfiamento viene eseguito con il paziente in posizione supina, il quadricipite rilassato e il ginocchio completamente esteso. Un piccolo versamento, se presente, viene spostato dal lato mediale del ginocchio accarezzandolo con il pollice. Il suo ritorno è facilitato toccando rapidamente la parte laterale con le estremità delle dita e si osserva un progressivo riempimento della cavità creata. Per essere sicuri del risultato, ripetere la procedura più volte in rapida successione.
Il test di movimento del ginocchio è utile per rilevare vari problemi. Con il ginocchio del paziente rilassato e completamente esteso, disporre entrambe le mani intorno al ginocchio, portando il versamento nella porzione centrale della cavità sinoviale. Usando il dito indice destro, spingere la rotula verso il basso e rilasciarla rapidamente. Se si sente la rotula urtare contro i condili femorali sottostanti, si è in presenza di un versamento. Valutare la gamma di movimento. La sinovite con o senza versamento sinoviale può provocare una diminuzione della gamma di movimento, che potenzialmente comporta una perdita di estensione completa (deformità in flessione), una riduzione di flessione, o entrambe. Valutare anche un eventuale danno articolare. Palpare il ginocchio per valutare il crepitio con il movimento passivo. Palpare la rotula mentre il paziente estende attivamente il ginocchio da una posizione flessa.
Valutare la lassità articolare del ginocchio. Il test per l’instabilità si effettua con il ginocchio a 15° di flessione. Il test per l’instabilità antero-posteriore, che si effettua cercando di spingere e tirare la gamba avanti e indietro, si svolge con il ginocchio a 30° di flessione (test di Lachman). Osservare l’allineamento del ginocchio con il paziente in piedi. Osservare la parte posteriore del ginocchio per eventuale poplite o cisti di Baker.
Nella caviglia, palpare alla ricerca di eventuale indolenzimento e gonfiore dei tessuti molli in zona periastragalica, sottoastragalica e le articolazioni mediotarsali. Valutare la gamma di movimento delle articolazioni dell’astragalo (cioè, con flessione dorsale e flessione plantare) e sottoastragalica (vale a dire, con inversione e eversione).
In piedi, spremere in fila le articolazioni del metatarso, valutando la presenza di dolore o indolenzimento. Palpare le piccole articolazioni dei piedi, valutando la presenza di leggero dolore o gonfiore dei tessuti ossei o dei tessuti molli o versamento articolare.
4 – Diagnosi differenziale dei dolori alle articolazioni
Processi associati ai diversi tipi di artrite
L’artrite può essere acuta o cronica, può comportare un solo sito (monoartrite) o più articolazioni (poliartrite) e può essere correlata a processi infiammatori o non infiammatori.
I processi infiammatori associati a monoartrite acuta sono i seguenti:
– Artrite settica;
– Gotta e pseudogotta;
– Patologia reumatica sistemica che si manifesta come il coinvolgimento monoarticolare.
I processi non- infiammatori associati con monoartrite acuta sono i seguenti:
– Fratture iuxta-articolari;
– Trauma;
– Emartro;
– Osteonecrosi.
I processi infiammatori associati con la monoartrite cronica sono i seguenti:
– Artrite infettiva cronica;
– Malattia di Lyme;
– Sinovite cristallina;
– Artrite idiopatica giovanile auciarticolare;
– Malattia reumatica sistemica che presenta coinvolgimento monoarticolare;
– Artrosi;
– Necrosi ischemica (vedasi alla voce necrosi avascolare);
– Emartro;
– Morbo di Paget che coinvolge l’articolazione;
– Frattura da stress;
– Osteomielite;
– Osteosarcoma;
– Tumore metastatico;
– Osteocondromatosi sinoviale.
I processi associati con la poliartrite acuta sono i seguenti:
– Febbre reumatica;
– Artrite gonococcica;
– Gotta poliarticolare;
– Pseudogotta poliarticolare;
– Artrite virale (ad esempio l’infezione da epatite B, o l’infezione da parvovirus B-19);
– Endocardite batterica;
– Artrite reumatoide;
– Esordio sistemico dell’artrite giovanile idiopatica;
– Lupus eritematoso sistemico;
– Artrite reattiva;
– Artrite acuta sarcoide;
– Febbre mediterranea, di natura familiare;
– Artropatia enteropatica;
I processi infiammatori associati alla poliartrite cronica sono i seguenti:
– Artrite reumatoide;
– Lupus Eritematoso Sistemico;
– Artrite virale;
– Artrite psoriasica;
– Artrite reattiva;
– Artropatia enteropatica;
– Malattia di Behçet;
– Spondilite anchilosante e spondiloartropatia indifferenziata;
I processi non-infiammatori associati alla poliartrite cronica sono i seguenti:
– Artrosi;
– Artrosi traumatica (vedasi alla voce artrosi);
– Emocromatosi;
– Ocronosi;
– Osteoartropatia polmonare ipertrofica;
– Amiloidosi;
– Acromegalia;
Diagnosi differenziale per il dolore muscolo-scheletrico regionale
1 – Spalla
Il dolore riferito può derivare da disturbi cervicali, tumore del polmone, patologia subfrenica o neuropatie da intrappolamento e neurite brachiale.
La tendinite della cuffia dei rotatori è l’infiammazione dei tendini della cuffia dei rotatori, derivante a seguito di un infortunio riconoscibile (acuta) o insidiosamente a seguito di ripetuti traumi sul processo acromiale sovrastante, legamento coraco-acromiale, acromio-claveare o coracoide. Il sintomo principale della tendinite della cuffia dei rotatori è il dolore nella regione deltoidea della spalla. Il paziente può anche descrivere il dolore alla spalla quando dorme sul lato interessato.
I risultati dell’esame sono i seguenti:
– L’indolenzimento nella regione subacromiale, tra il tubercolo maggiore dell’omero e del processo acromiale;
– Dolore al centro di un arco di abduzione attiva, di solito tra 60° e 120°;
– La manifestazione del dolore quando abduzione e rotazione esterna sono isometricamente resistenti;
– Gamma di abduzione della spalla passiva superiore a quella di abduzione attiva;
Il trattamento comprende la somministrazione di farmaci anti-infiammatori non steroidei per 2-3 settimane e la terapia fisica con stretching e esercizi di rafforzamento. Iniezioni di corticosteroidi subacromiali possono essere utilizzati se i sintomi non dovessero migliorare.
Le lesioni della cuffia dei rotatori sono trasversali o longitudinali del sovraspinato o infraspinato. Si verificano in corrispondenza della giunzione muscolo-tendinea, a circa 1 cm dall’inserimento dell’omero e possono sorgere a causa di una lesione acuta (per esempio una caduta su un braccio disteso), iperabduzione o una caduta sul lato della spalla, oppure per attrito progressivo della cuffia dei rotatori con tendinite cronica. I sintomi includono dolore alla spalla acuto seguito da debolezza, oltre a diminuzione o perdita di movimento fluido durante il movimento.
I risultati dell’esame sono i seguenti:
– Debolezza e dolore nell’abduzione e rotazione esterna;
– Perdita di movimento (rotture parziali) o impossibilità di movimento (rottura completa);
La terapia iniziale è conservativa, ma i pazienti in fase acuta dovrebbero essere valutati da un chirurgo ortopedico.
La tendinite bicipitale è l’infiammazione del capo lungo del bicipite che passa attraverso il solco bicipitale dell’omero anteriore. Di solito si pone come risultato di un uso eccessivo di attività che richiedono il sollevamento ripetitivo. Il sintomo principale è il dolore nella parte anteriore della spalla (sopra la testa omerale), che è aggravato dal sollevamento o sovraccarico quando il paziente prova a spingere o tirare.
I risultati dell’esame sono i seguenti:
– L’indolenzimento del solco bicipitale;
– Dolore aggravato dalla resistenza isometrica nella flessione del gomito o supinazione del braccio flesso a 90°;
Il trattamento comprende l’astensione dal sollevamento, evitare movimenti con la spalla e 3-4 settimane di terapia con farmaci anti-infiammatori non steroidei. I corticosteroidi possono essere iniettati nel solco bicipitale se i sintomi persistono.
La borsite subacromiale è l’accumulo di liquido all’interno della borsa subacromiale, derivante come risultato della tendinite della cuffia dei rotatori. Del fluido notevole può essere rilevato nel corso di un esame fisico e il trattamento è simile a quello della cuffia dei rotatori. Per un versamento significativo, il drenaggio può essere indicato, seguito da infiltrazioni corticosteroidi.
La spalla congelata (o capsulite adesiva) è un termine per le patologie in cui la gamma di movimento dell’articolazione gleno-omerale è significativamente ridotta a causa di patologia all’interno della capsula articolare. Le condizioni mediche associate comprendono diabete mellito, recente infarto miocardico, ictus, recente procedura neurochirurgica, morbo di Parkinson, ipotiroidismo. I sintomi principali della spalla congelata sono il dolore e la graduale perdita di movimento. Risultati d’esame comprendono una gamma ridotta di movimento sia durante il movimento attivo che passivo. Il dolore è presente soprattutto agli estremi del movimento. Le immagini radiografiche non mostrano evidenza di artrite gleno-omerale.
Il regime di trattamento iniziale comprende i farmaci anti-infiammatori non steroidei, analgesici non-narcotici e la terapia fisica. Di tanto in tanto, un ciclo da 2 a 4 settimane di corticosteroidi per via orale in combinazione con la terapia fisica aggressiva può causare una riduzione ulteriore di movimento della spalla e dolore.
Nella sindrome acromioclavicolare, il dolore nasce a causa di artrite o lesioni ai legamenti acromioclavicolari. L’artrosi dell’articolazione con osteofiti inferiori può portare a problemi alla cuffia dei rotatori e tendinite associata; può essere acuta o cronica e i pazienti possono riferire un trauma (ad esempio, una caduta durante uno sport).
I risultati dell’esame sono i seguenti:
– Indolenzimento;
– Gonfiore nella zona acromioclavicolare;
La deformità del comune può derivare da sublussazione. Il dolore nel giunto è aggravato dalla trazione verso il basso del braccio omolaterale o in fase di adduzione passiva forzata. Un infortunio acromioclavicolare acuto è trattato con un immobilizzatore da spalla.
2 – Gomito, polso e mano
L’epicondilite (gomito del tennista) è la causa più comune di dolore al gomito. Il dolore si fa sentire lungo la parte laterale, l’indolenzimento è presente sopra l’epicondilo laterale nel punto di fissaggio dei tendini estensori dell’avambraccio. La flessione dorsale del polso, con il gomito in estensione produce un aumento del dolore, mentre l’estensione del gomito è normale. Il trattamento comprende riposo, farmaci anti-infiammatori non steroidei, e iniezioni di steroidi locali.
L’epicondilite mediale (gomito del golfista) è meno comune e avviene quando la flessione del polso con il gomito in estensione produce dolore. Anche l’indolenzimento può verificarsi all’inserzione del tendine flessore comune al mediale.
Nella borsite, la posizione anatomica superficiale della borsa è predisposta a lesioni e infiammazioni. Il paziente riferisce dolore quando si appoggia sul gomito e durante la flessione.
I risultati d’esame comprendono:
– Indolenzimento sulla punta del processo olecrano e sfregamento occasionale;
– Gonfiore, che può essere evidente.
Nei casi più gravi, il calore e l’eritema sono presenti. I pazienti con borsite acuta devono essere sottoposti ad aspirazione per la cultura e l’esame del cristallo.
La tenosinovite di De Quervain è una tenosinovite stenosante dei tendini abduttori ed estensorei del pollice, derivante da movimenti ripetitivi o da un uso eccessivo. Il dolore si nota lungo il lato radiale del polso e del pollice durante azioni come dare dei pizzicotti, afferrare e movimenti simili. La deviazione ulnare del polso, con il pollice tenuto in abduzione dalle dita flesse della stessa mano (test di Finkelstein), riproduce il dolore. Un crepitio dei tendini può essere evidente. Il trattamento include l’uso di una stecca al pollice, evitare ripetitive flessioni e farmaci anti-infiammatori non steroidei.
Il dito a scatto (noto anche come tenosinovite stenosante digitale) avviene nelle dita e fa “scattare” letteralmente il pollice; di solito è il risultato di un uso eccessivo. I risultati dell’esame sono i seguenti:
– Il dolore e l’indolenzimento;
– L’innesco durante il movimento del dito o il pollice;
Un nodulo si potrebbe sentire nel palmo, sul tendine flessore, appena prossimale alla piega digitale palmare.
3 – Anca
Il dolore alla parte posteriore dell’anca è spesso indicato a partire dalla colonna lombare. Disturbi alle zone sacro-iliache possono anche causare dolore al gluteo. Il dolore da artrite della giunzione può essere riferito assieme al dolore alla zona del trocantere e può simulare borsite trocanterica. Le radicolopatie delle radici nervose L2-L4 possono produrre dolore nella zona inguinale e nella parte anteriore della coscia; questo può “simulare” la patologia dell’anca. Ascessi al muscolo ileo-psoas, appendicite retroperitoneale, ascessi tubercolari o malattia infiammatoria pelvica possono altresì causare dolore nella regione dell’anca. Una trombosi o formazione di aneurismi sui rami dei vasi iliaci dell’aorta possono causare dolore alla natica, coscia o dolore alle gambe che può essere confuso con il dolore all’anca. Il vero dolore intra-articolare dell’anca è più spesso sentito nella zona dell’inguine e nella parte anteriore della coscia. Di tanto in tanto, la patologia dell’anca si può manifestare con dolore isolato al ginocchio.
La borsite trocanterica è la causa più comune del dolore nella regione dell’anca (sulla parte laterale dell’anca) e aumenta con attività come camminare, stare accovacciati, salire le scale; il dolore diminuisce in genere a riposo. I pazienti notano un aumento del dolore quando si trovano su un fianco omolaterale. L’area al di sopra del trocantere può essere indolenzita e “pantanosa” al tatto. Corticosteroidi locali e anestetici possono aiutare.
La borsite del muscolo ileo-psoas può verificarsi in pazienti con osteoartrosi, artrite reumatica, sinovite pigmentata, osteonecrosi e artrite settica. La maggior parte dei pazienti sono asintomatici o presentano una massa inguinale dolorosa. La tomografia computerizzata è il migliore test diagnostico, mentre la somministrazione di corticosteroidi è una terapia efficace.
La borsite ischio-gluteale si verifica più comunemente nei pazienti con occupazioni che favoriscono il ripetuto attrito della borsa ischiatica. I pazienti notano dolore alle tuberosità ischiatiche; il dolore è aggravato stando seduti e sdraiati. Alla palpazione si percepisce indolenzimento locale delle tuberosità ischiatiche. I sintomi possono essere alleviati evitando di fare pressione o attrito sulle tuberosità ischiatiche (ad esempio, utilizzando cuscini a forma di ciambella) e con somministrazione locale di corticosteroidi.
La tendinite da adduttore si verifica in pazienti impegnati in attività sportive che coinvolgono attività inguine e parte interna della coscia (per esempio, equitazione, ginnastica, o danza). Si può percepire un indolenzimento alla palpazione locale dei muscoli adduttori, soprattutto in prossimità del loro inserimento sulla parte anteriore del bacino. Il dolore aumenta con l’attività passiva delle cosce e con l’adduzione attiva alla resistenza. Il trattamento è costituito da riposo e impacchi di ghiaccio durante la fase acuta; si possono somministrare farmaci anti-infiammatori non steroidei, può necessitare di ecografia e gli esercizi di stretching progressivo sono indicati nella fase subacuta. Iniezioni di corticosteroidi locali sono indicati solo per pazienti resistenti alle terapie sopra indicate.
4 – Ginocchio e caviglia
La borsite pre-patellare (il cosiddetto ginocchio della cameriera) è legata a traumi ricorrenti e di solito si verifica in persone che trascorrono molto tempo in ginocchio. Le eziologie includono traumi, gotta e infezione. Nei casi cronici, una zona ben circoscritta di mobilità è presente su tutta l’area pre-patellare. Nei casi più gravi, il calore, l’edema e l’eritema sono evidenti sopra il ginocchio anteriore; l’indolenzimento al tatto è massimo sopra la borsa pre-patellare e la flessione del ginocchio aumenta il dolore, a differenza dell’estensione. Un versamento articolare, se presente, è di solito di piccola dimensione. Per l’aspirazione della borsite acuta è necessario valutare la presenza di un’infezione o dei cristalli, mentre la borsite traumatica migliora con il riposo ed evitando di stare in ginocchio.
Nella borsite anserina, il dolore si nota sulla parte mediale del ginocchio ed è aggravato dal salire le scale, inoltre è spesso presente durante la notte. Più comune nelle donne in sovrappeso con osteoartrosi del ginocchio. L’esame rivela leggero dolore sopra la borsa anserina, che si trova sulla parte mediale del ginocchio circa 2 cm al di sotto della rima articolare. Il trattamento comprende una iniezione di corticosteroidi nella borsa e un regime di esercizio per allungare i muscoli adduttori e quadricipiti.
La tendinite rotulea (il cosiddetto ginocchio del saltatore) più comunemente colpisce i giovani atleti che sono impegnati in sport che richiedono esecuzione ripetitiva di calci e salti; il dolore si manifesta al polo inferiore della rotula durante attività come salire le scale, correre e saltare. Il trattamento consiste nel riposo, nei farmaci anti-infiammatori non steroidei, in un rinforzo al ginocchio e in un regime di esercizio per allungare e rafforzare il quadricipite e i muscoli posteriori della coscia.
La tendinite di Achille è caratterizzata da dolore, gonfiore, indolenzimento alla palpazione e crepitio sopra il tendine vicino al suo inserimento. Questa forma di tendinite è di solito causata da un trauma ripetitivo e da un uso eccessivo dei muscoli del polpaccio: si manifesta nella danza classica, pallacanestro, salto e altre attività sportive. Anche una scarpa rigida o una calzatura difettosa possono causarla. I risultati dell’esame sono l’ispessimento e l’irregolarità dei tessuti che circondano il nodulo tendine o noduli all’interno del tendine (di tanto in tanto xantomi, tofi o noduli reumatoidi). La dorsiflessione passiva della caviglia intensifica il dolore. Alcune anomalie del tendine e dei tessuti peritendinei possono essere evidenziati da ecografia e da risonanza magnetica. Il trattamento consiste nel riposo, nell’evitare attività lavorativa o sportiva, la modifica delle scarpe, un sollevamento del tallone per ridurre l’estensione del tendine durante la deambulazione, oltre a terapia con farmaci anti-infiammatori non steroidei. La terapia fisica comprende l’applicazione locale di calore, esercizi di stretching dolce e una stecca temporanea con una leggera flessione plantare.
La borsite retrocalcaneare è l’infiammazione della borsa retrocalcaneale, con conseguente dolore e indolenzimento nella parte posteriore del tallone. La zona anteriore al tendine di Achille e posteriore al calcagno è tenera e la dorsiflessione passiva della caviglia produce dolore. Nella malattia di Gumboro è palpabile e produce sporgenze su entrambi i lati del tendine. La patologia può verificarsi come risultato di traumi ripetitivi o come manifestazione di gotta o artrite infiammatoria sistemica. La diagnosi può essere confermata mediante radiografia (mostrando obliterazione della cavità retrocalcaneale), ecografia o risonanza magnetica. Per la maggior parte dei pazienti si consiglia riposo, modifica dell’attività fisica, applicazione di calore umido, lieve elevazione del tallone utilizzando un apposito sollevamento del tallone e farmaci anti-infiammatori non steroidei. A volte è necessaria una iniezione di corticosteroidi nella borsa.
5 – Studi di laboratorio
I test diagnostici più utili per le varie specifiche malattie reumatiche sono o seguenti:
Artrite settica
Test della colorazione di Gram e cultura del liquido sinoviale.
Gotta o pseudogotta
Microscopio a luce polarizzata per esaminare una goccia di liquido sinoviale dei cristalli intracellulari di urato (gotta) o dei cristalli di pirofosfato di calcio diidrato (pseudogotta).
Spondilite anchilosante
Radiografia comune per rilevare la sacroileite bilaterale.
Artrosi
Radiografia dell’articolazione interessata.
Lupus eritematoso sistemico
Test degli anticorpi antinucleo; se i risultati sono positivi, test di Smith e degli anticorpi DNA a doppia elica (che sono più specifici per il lupus eritematoso sistemico, ma sono presenti solo nel 30% e il 60% dei pazienti).
Test di screening per tutti i tipi di artrite infiammatoria:
– Velocità di sedimentazione eritrocitaria (ESR);
– Proteina C-reattiva (CRP);
– Fattore reumatoide (RF) e peptide ciclico citrullinato (CCP);
– Anticorpi anti nucleo (ANA).
Nella cornice di dolori articolari e risultati dell’esame congiunto equivoci, un aumento della VES (velocità di eritro-sedimentazione) sostiene la presenza di una artrite infiammatoria.
Il livello di CRP è una misura non specifica di infiammazione ed è svolto come alternativa per misurare la VES. In contrasto con l’ESR, il livello di CRP può essere misurato su sieri congelati, non è influenzato dalla presenza di anemia o iperglobulinemia, aumenta più rapidamente in risposta ad uno stimolo infiammatorio e può richiedere più tempo per il risultato di laboratorio (cioè più di 24 ore, a differenza di 1 ora per l’ESR).
Un test RF deve essere svolto quando l’artrite reumatoide è considerata almeno moderatamente possibile. I risultati possono essere positivi in circa il 20% delle persone anziane in buona salute e in persone con altre malattie reumatiche (per esempio lupus eritematoso sistemico, sindrome di Sjögren e vasculite), infezioni croniche (ad esempio endocardite batterica subacuta e epatite C), malattie croniche del fegato, o malattia polmonare cronica.
L’esame degli anticorpi CCP ha una specificità superiore al test RF ma minore sensibilità. Il test degli anticorpi è particolarmente utile nella valutazione di pazienti con dolore articolare nei quali i valori RF sono bassi e i risultati su esame congiunto non sono definitivi per la sinovite.
I test ANA sono comunemente svolti in pazienti con artrite o artralgie come test di screening per il Lupus eritematoso sistemico o un altro disturbo del tessuto connettivo. Oltre il 95% dei pazienti con Lupus eritematoso sistemico hanno risultati positivi pertanto, un risultato negativo al test ANA è indicatore che il Lupus eritematoso sistemico non è presente. Tuttavia, un risultato positivo ANA manca di specificità e può verificarsi in persone con altre malattie del tessuto connettivo o alcune malattie mediche, anche nel 5-10% dei soggetti sani. La resa diagnostica del test ANA aumenta notevolmente quando il paziente ha caratteristiche che suggeriscono una diagnosi di Lupus eritematoso sistemico o un’altra malattia autoimmune oltre a dolori articolari, come rash, pelle fotosensibile, pleurite, pericardite, fenomeno di Raynaud, sintomi costituzionali (ad esempio febbre), leucopenia, trombocitopenia, e proteinuria.
I test di screening per la poliartrite acuta sono i seguenti:
– Emocolture;
– Antistreptolisinico;
– (IgM) livelli di immunoglobuline parvovirus B-19 e immunoglobulina G (IgG);
– Epatite B;
– ANA;
– Altri: prove supplementari come test per l’HIV, rosolia, enzima del livello di conversione dell’angiotensina (ACE), radiografia del torace e un test citoplasma dei neutrofili (ANCA).
I test di screening per la poliartrite cronica sono i seguenti:
– Esame emocromocitometrico completo (CBC);
– VES e livello di PCR;
– ANA;
– Anticorpi RF e CCP;
– Profilo Chimico, compresi i test di funzionalità epatica (LFT) e di livello di creatinina sierica;
– Livelli sierici di acido urico;
– Analisi delle urine;
– Altri: prove supplementari come il livello di ormone stimolante la tiroide (TSH), livello di ferritina sierica e la saturazione del ferro della transferrina sierica.
I test di screening per artralgie e mialgie diffuse sono i seguenti:
– VES e livello di CRP per escludere malattie infiammatorie (ad esempio, polimialgia reumatica);
– Livello di creatina chinasi e aldolasi per escludere miosite;
– Test della tiroide;
– Profilo chimico (vale a dire, calcio, fosforo, elettroliti, glucosio e proteine totali) per escludere disturbi metabolici o endocrini;
– Altri: prove supplementari del livello di 25-idrossi vitamina D (nei soggetti anziani autosufficienti, per escludere l’osteomalacia), radiografia comune sacro-iliaca (per escludere spondilite anchilosante, in particolare nelle donne di età inferiore ai 45 anni con dolori al collo, parete toracica e mal di schiena), HLA-B27 (per supportare una diagnosi di artrite reattiva), test sierologici per epatite B e C, siero e elettroforesi delle proteine nelle urine (per escludere mieloma multiplo), infine ANA e RF (se le caratteristiche cliniche suggeriscono artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, o altre malattie del tessuto connettivo).
6 – Radiografia
La radiografia è il test di imaging meno costoso ed è molto utile per chiarire la natura delle anomalie comuni già notate durante l’esame fisico, come ad esempio il gonfiore, perdita di movimento, instabilità e indolenzimento focale osseo. La visione dei giunti nelle radiografie è spesso caratteristica di varie forme di artrite, anche se questi cambiamenti caratteristici potrebbero non essere evidenti nelle prime fasi del decorso della malattia. Le radiografie standard sono utili anche per monitorare la progressione della artriti croniche (ad esempio, l’osteoartrite e l’artrite reumatoide).
Artrite reumatoide
I primi cambiamenti radiografici dell’artrite reumatoide includono gonfiore dei tessuti molli e demineralizzazione periarticolare. Gli stadi successivi includono la perdita uniforme dello spazio articolare (indicativo della perdita della cartilagine diffusa) ed erosioni ossee (inizialmente lungo i margini dei comuni in cui l’osso intra-articolare non è coperto da cartilagine). Sintomi avanzati includono erosioni ossee diffuse, sublussazione; l’anchilosi delle articolazioni è rara.
Artrite psoriasica
I primi cambiamenti radiografici dell’artrite psoriasica includono gonfiore dei tessuti molli, coinvolgendo talvolta l’intera zona, e l’assenza di demineralizzazione periarticolare. Stadi successivi includono erosioni accoppiate con formazione di nuovo osso reattivo, inizialmente ai margini comuni e più tardi nel centro del giunto. Altre sintomatologie tardive sono restringimento dello spazio articolare e anchilosi delle articolazioni interessate. Altri sintomi, ancora in stadio più avanzato, sono l’ampliamento dello spazio articolare interfalangeo delle articolazioni, causato da una grave distruzione dell’osso marginale e subcondrale, il riassorbimento delle falangi distali delle dita delle mani e dei piedi. Non sono da escludere l’artrite mutilante (ad esempio, una grave distruzione articolare con vasto riassorbimento osseo) e altre deformità. Le caratteristiche distintive sono il coinvolgimento delle articolazioni distali, una tendenza all’inizio dell’anchilosi, un asimmetrico coinvolgimento delle articolazioni, anomalie nelle falangi.
Artrite reattiva
Le caratteristiche radiografiche dell’artrite reattiva sono simili all’artrite psoriasica, ma spesso sono meno gravi e hanno una predilezione per le articolazioni degli arti inferiori. Caratteristiche distintive includono una tendenza alla sacroileite unilaterale o asimmetrica, ossificazione paravertebrale, erosioni di calcagno o periostite nei siti del tendine di Achille o nell’inserimento della fascia plantare.
Gotta
Sulla radiografia, l’artrite gottosa acuta è indicata da gonfiore dei tessuti molli; alterazioni degenerative del giunto coinvolti sono inoltre comuni. La gotta intercritica non manifesta anomalie radiografiche, oltre a possibili cambiamenti degenerativi nel giunto. La gotta cronica tofacea è indicata dal gonfiore dei tessuti molli, è spesso asimmetrica o delinea una massa sottocutanea nodulare eccentrica. Lo spazio comune può essere conservato nonostante estese erosioni, un risultato non previsto dall’artrite reumatoide. Erosioni ossee sono contigue ai tofi e sono caratterizzate da margini sovrastanti e sclerotici; le lesioni osteolitiche si verificano vicino alle articolazioni. La demineralizzazione periarticolare è assente o lieve, tranne che durante il decorso della malattia.
Artrite da cristalli
L’evidenza radiografica dell’artrite da cristalli di calcio nelle strutture articolari è vista più spesso nella zona del ginocchio, della sinfisi pubica, nel polso, nel gomito e nell’anca. La prevalenza aumenta con l’età, ed è spesso un fattore accidentale che non tende ad essere associato a sintomi articolari. La calcificazione della cartilagine ialina è soddisfacente e lineare e segue il contorno dell’osso subcondrale sottostante. Nella fibrocartilagine la calcificazione è grossa e irregolare, ed è spesso vista nei menischi del ginocchio, nella fibrocartilagine triangolare e nel menisco del polso e nella sinfisi pubica. La calcificazione sinoviale è amorfa e di solito si verifica nei siti di riflessione sinoviale. La calcificazione capsulare è costituita da depositi lineari lungo i margini comuni periferici. La calcificazione extra-articolare si verifica nei tendini, legamenti e tessuti molli para-articolari.
L’artropatia da pirofosfato è un’artropatia che può verificarsi in pazienti con problemi ai cristalli di pirofosfato di calcio diidrato: i risultati radiografici sono uguali a quelli dell’osteoartrite, ma le caratteristiche distintive sono le seguenti:
– Coinvolgimento delle articolazioni di solito non affette da osteoartrite (ad esempio area metacarpofalangea congiunta, polso, gomito, caviglia e spalla);
– Il coinvolgimento di specifiche zone delle articolazioni (ad esempio l’articolazione dei polsi radio-carpale e trapezio-scafoide, l’articolazione femoro-rotulea del ginocchio e l’articolazione talo-calcaneo-navicolare del metatarso);
– Cisti subcondrali prominenti;
– Distruzione articolare occasionale con collasso e frammentazione dell’osso subcondrale e formazione di corpi liberi intra-articolari.
Artrite infettiva
I primi cambiamenti radiografici relativi all’artrite infettiva comprendono gonfiore simmetrico tessuti molli, l’assenza di demineralizzazione periarticolare nell’artrite piogenica acuta e perdita dello spazio articolare (sebbene un ampliamento può manifestarsi inizialmente a causa di accumulo di liquidi in un piccolo spazio articolare). Variazioni successive includono erosioni ossee marginali. Inoltre, la linea corticale bianca continua che definisce normalmente il margine articolare dell’osso è mancante: questi cambiamenti sono previsti su entrambi i lati del giunto. Una reazione periostale si potrebbe inoltre verificare e, infine, la formazione di gas all’interno dei tessuti molli articolari adiacenti potrebbe essere legata a infezioni correlate a Escherichia coli, Enterobacter liquefaciens e Clostridium perfringens. Ulteriori variazioni in fase avanzata includono la distruzione dell’osso subcondrale, anchilosi intra-articolare ossea, sublussazione o lussazione.
Artrosi
I primi cambiamenti radiografici dell’osteoartrite includono piccoli osteofiti a margini articolari, restringimento focale di spazi comuni (più uniforme, la perdita dello spazio articolare si nota nelle articolazioni delle mani e delle articolazioni sacro-iliache), sclerosi subcondrale ossea nel segmento colpito dalla perdita di spazio e l’assenza di demineralizzazione periarticolare. Sintomatologie successive includono osteofiti grandi e più ampi ai margini delle articolazioni o di inserzioni legamentose (ad esempio, spine tibiali), restringimento focale più pronunciato dello spazio articolare, cisti dell’osso subcondrale con margini sclerotici nelle zone di articolazioni colpite dalla perdita dello spazio articolare e formazione di frammenti di ossa nei tessuti molli adiacenti al giunto o all’interno della cavità articolare. Ancora più in fase avanzata un’estesa perdita dello spazio articolare e deformità articolare.
7 – Altre tecniche di imaging
Ecografia
L’ecografia muscolo-scheletrico utilizza onde ultrasoniche per l’immagine dei tessuti molli, tra cui tendini, borse, legamenti e componenti del giunto. È eseguita da un reumatologo o da un tecnico radiologo con formazione specifica e implica un esame con più punti di vista e posizionamenti del giunto. È sicura e non comporta alcuna esposizione a radiazioni. Aspirazioni comuni e iniezioni sono molto facilitate se eseguite con guida ecografica, perché questo assicura il corretto posizionamento dell’ago.
La tomografia computerizzata
La tomografia computerizzata ottiene immagini a sezione trasversale di strutture scheletriche. In un paziente con un giunto doloroso, è più utile per le seguenti applicazioni:
– Valutare il trauma della colonna vertebrale e del bacino;
– Valutare l’artrite nelle articolazioni assiali (ad esempio sacro-iliaca, atlantoassiale e sterno-clavicolare);
– Valutare il dolore alle articolazioni complesse in cui le strutture sovrastanti oscurano la vista della radiografia (ad esempio caviglia, articolazioni del polso e temporo-mandibolari);
– Valutare la malattia degenerativa del disco della colonna vertebrale ed eventuali ernie del disco.
La risonanza magnetica
La risonanza magnetica è la migliore modalità per la valutazione dei tessuti molli e degli elementi del midollo spinale; utile per la valutazione di lesioni ai rotatori della cuffia, stenosi spinale, anomalie legamentose o meniscali delle articolazioni del ginocchio e del polso, osteonecrosi (vale a dire necrosi avascolare delle ossa), fratture da stress, osteomielite e lesione ossea subcondrale dell’artrosi o lesioni meniscali.
Artrografia
L’artrografia è più utile per definire la comunicazione anomala tra lo spazio sinoviale e le borse adiacenti a dei tessuti molli (ad esempio cisti poplitea o rottura della cuffia dei rotatori con la comunicazione tra lo spazio articolare gleno-omerale e la borsa subacromiale).
Scintigrafia ossea radionuclide
La scansione ossea radionuclide è ampiamente disponibile e il suo costo è paragonabile a quella della tomografia computerizzata. Può valutare l’osteomielite, fratture da stress e metastasi ossee. Può essere usata per escludere patologie ossee nei pazienti con dolore muscoloscheletrico diffuso.
8 – Analisi del liquido sinoviale
L’analisi del liquido sinoviale è utilizzata per caratterizzare in generale il tipo di artrite, per identificare i cristalli e per stabilire la diagnosi di artrite settica e sinovite indotta dai cristalli. I tipi di liquido sinoviale sono classificati in 5 categorie come segue:
– Normale: da colore chiaro a colore giallo paglierino, chiarezza trasparente, conta dei globuli bianchi inferiore a 200 / mL con meno del 25% leucociti polimorfonucleati e viscosità molto alta;
– Non infiammatoria (gruppo I): colore giallo pallido, chiarezza trasparente, conta leucocitaria di 200-2000 / ml con meno del 25% di leucociti PMN, e alta viscosità. Questa categoria caratterizza osteoartrite, artrite traumatica e una fase iniziale o risoluzione di una artrite infiammatoria.
– Infiammatoria (gruppo II): da colore giallo a colore bianco, chiarezza da traslucido a opaco, conta leucocitaria di 2000-50,000 / ml con più del 70% di leucociti PMN e bassa viscosità. Questa categoria caratterizza l’artrite reumatoide e altre artriti infiammatorie croniche.
– Settica (gruppo III): colore da bianco a crema, chiarezza opaca, conta dei globuli bianchi superiore a 50.000 / ml, con più del 90% di leucociti PMN, e viscosità molto bassa. Questa categoria caratterizza l’artrite batterica, ma il tipo di fluido anche può occasionalmente essere visto nell’artrite cristallina e reumatoide.
– Emorragica (gruppo IV): colore emorragico e chiarezza opaca; mediante centrifugazione del liquido sinoviale emergono surnatanti di grasso (indicativi di una frattura iuxta-articolare).
Un giunto può essere influenzato da più di una singola patologia e, pertanto, artrite settica e gotta o pseudogotta possono coesistere nella stessa articolazione. La conta leucocitaria del fluido sinoviale può essere inferiore nei pazienti che sono nelle prime fasi dell’artrite settica o in pazienti con infezione gonococcica disseminata.
L’analisi dei cristalli richiede l’uso di un microscopio a luce polarizzata, che è disponibile nella maggior parte dei laboratori diagnostici o patologici; viene eseguita su una preparazione di liquido sinoviale e l’analisi dei cristalli intracellulari nel liquido sinoviale serve a stabilire una diagnosi di gotta acuta o pseudogotta. I cristalli di urato sono a forma di ago con una forte birifrangenza negativa. I cristalli di pirofosfato di calcio diidrato hanno una debole birifrangenza positiva a forma romboidale. I cristalli di urato appaiono gialli e il pirofosfato di calcio diidrato è composto da cristalli blu quando i loro assi longitudinali sono allineati parallelamente a quello del filtro compensatore rosso.
9 – I risultati istologici
Nella maggior parte dei pazienti con malattie reumatiche, una diagnosi accurata può essere stabilita senza eseguire una biopsia sinoviale. Per alcune patologie, invece, i risultati istopatologici nella sinovia o patognomonici sono altamente specifici. Queste condizioni sono i seguenti:
– Una condizione grave in un giunto o, al massimo, in un paio di articolazioni;
– Un paziente con la febbre o che sta mostrando segni di coinvolgimento multi organo;
– Un problema connesso con un trauma significativo;
– Una patologia in cui esiste un problema neurologico associato, come la sindrome del tunnel carpale, sciatica, o sintomi radicolari cervicali.
10. Trattamenti e Cure
Nei pazienti con l’artrite, gli obiettivi del trattamento comprendono sollievo dal dolore, il ripristino o il mantenimento della funzione articolare e la prevenzione del danno articolare. Questi obiettivi sono raggiunti sia con supporto farmacologico che con modalità terapeutiche. Mentre alcune modalità sono comuni al trattamento di tutte le forme di artrite, altre sono specifiche e quindi un corretto trattamento inizia con una diagnosi accurata. Una delle sfide nel trattamento dell’artrite è determinare la prognosi attesa e istituire una terapia appropriata in modo tempestivo, evitando così lo sviluppo di disfunzione articolare irreversibile. La valutazione iniziale paziente deve permettere la classificazione del problema comune in una delle categorie descritte di seguito.
Approccio medico alla monoartrite acuta
Tutti i pazienti con possibile artrite settica vanno ricoverati; l’aspirazione del liquido articolare è un passo fondamentale nella diagnosi perché il ritrovamento di liquido articolare non infiammatorio in una articolazione infiammata in modo acuto, deve portare subito ad un esame di patologia ossea per problema iuxta-articolare (ad esempio frattura da stress, osteomielite o necrosi avascolare), infiammazione acuta delle strutture periarticolari (ad esempio infiammazione gottosa delle guaine tendinee o borsite settica), infiammazione sottocutanea (per esempio artrite alle caviglie in eritema nodoso o necrosi pancreatica grasso), o infiammazione da cellulite. Se la possibilità non si può escludere con ragionevole certezza dopo la valutazione clinica e di laboratorio iniziale, è necessario iniziare la terapia antibiotica per via endovenosa. Prevedere un adeguato drenaggio del giunto: ciò può essere ottenuto mediante ripetute aspirazione percutanee con un ago di grosso calibro o tramite drenaggio in artroscopia se si tratta di una articolazione di grandi dimensioni (ad esempio anca, ginocchio, spalla, caviglia o gomito). Richiedere inoltre una consultazione ortopedica in modo da elaborare la migliore strategia per il drenaggio.
Per il trattamento della sinovite acuta cristallina, i farmaci anti-infiammatori non steroidei inizialmente dovrebbero essere somministrati alla loro dose massima consigliata fino al miglioramento dei sintomi, poi ridotti gradualmente nell’arco di diversi giorni.
L’Indomethacin è molto efficace, ma gli effetti negativi in alcuni pazienti limitano la sua utilità; altri farmaci anti-infiammatori non steroidei, ad esempio ibuprofene e diclofenac, possono essere utilizzati. La Colchicina ha una finestra terapeutica ristretta, che limita la sua efficacia. Un regime a basso dosaggio può essere efficace, ma deve essere iniziata ai primi segni di un attacco: dosi da 1.2 mg seguite da 0,6 mg dopo 12 ore. La Colchicina deve essere utilizzata con cautela in un quadro di insufficienza renale.
I corticosteroidi sono una valida alternativa ai farmaci anti-infiammatori non steroidei e la Colchicina per i pazienti su cui questi farmaci possono essere controindicati o pericolosi (ad esempio pazienti con età avanzata, insufficienza renale, insufficienza cardiaca congestizia, incapacità di assumere farmaci per via orale).
I regimi sono i seguenti:
– Intramuscolare, con l’inserimento di una preparazione a lunga durata d’azione cristallina (ad esempio triamcinolone acetonide 60-80 mg), con la possibilità di ripetere una volta dopo 24-48 ore;
– Prednisone, 20-30 mg / die con una diminuzione progressiva nel corso di 7-10 giorni;
– Terapia intra-articolare con corticosteroidi.
Gestione medica della poliartrite acuta
Ricoverare il paziente in presenza di uno dei seguenti casi:
– Significativo coinvolgimento degli organi interni concomitanti;
– Segni di batteriemia, tra cui lesioni vesciculo-pustolari cutanee, macchie di Roth, brividi o emorragie;
– Vasculite sistemica;
– Grave dolore;
– Sintomi costituzionali gravi;
– Liquido sinoviale purulento (gruppo III) in una o più articolazioni;
– Immunosoppressione.
L’eziologia infettiva dovrebbe avere la priorità, tramite colture appropriate (ad esempio sangue, articolazione, cervice, uretra o faringe). Iniziare la terapia antibiotica empirica se la batteriemia o la sepsi non possono essere facilmente escluse. Manifestazioni extra-articolari come eruzione cutanea, anomalie ematologiche o soffio al cuore, sono importanti indicatori della diagnosi. Esami ripetuti del paziente sono in grado di rilevare i reperti fisici diagnostici che possono essere assenti al momento della presentazione.
La terapia antibiotica è indicata per la poliartrite settica o per la batteriemia con coinvolgimento articolare (ad esempio gonococcemia disseminata). Gli antibiotici sistemici vengono utilizzati dopo aver raccolto le colture appropriate. Il trattamento prolungato dell’artrite reattiva indotta con Chlamydia con gli antibiotici può essere di beneficio, ma non per altre forme di artrite reattiva.
Gli analgesici senza proprietà anti-infiammatorie possono essere appropriati come trattamento iniziale nei pazienti con forme più lievi di febbre reumatica acuta, artrite virale (ad esempio artrite parvovirus), o vasculite leucocitoclastica acuta; possono anche essere opportuni per la sinovite poliarticolare del cristallino (qualora significativi problemi medici concomitanti consentano l’uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei o di terapia con corticosteroidi). Questa terapia permette la completa espressione delle manifestazioni cliniche della malattia, facilitando così la diagnosi.
La terapia con aspirina ad alte dosi può essere utilizzata per la febbre reumatica acuta, con l’obiettivo di raggiungere un livello di salicilato di 20-30 mg / dL. Alte dosi di farmaci anti-infiammatori non steroidei non salicilati è usata per il trattamento della sinovite cristallina, dell’artrite virale acuta e della poliartrite relativa all’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico o altri disturbi del tessuto connettivo.
I corticosteroidi sono usati nelle persone con sola poliartrite in cui la terapia con farmaci anti-infiammatori non steroidei ad alte dosi non è riuscita o che non possono essere trattati in modo sicuro con questi farmaci a causa di insufficienza renale, sanguinamento gastrointestinale attivo o altre condizioni. Il Prednisone 15-20 mg / die (o l’equivalente) è solitamente sufficiente per le fasi acutie poliarticolari dell’artrite reumatoide.
Alte dosi di Prednisone (0,5-1 mg / kg / die) sono utilizzate nel contesto di gravi sintomi costituzionali, coinvolgimento degli organi principali concomitanti o segni di vasculite sistemica. Gli esempi includono lupus eritematoso sistemico acuto, artrite idiopatica giovanile ad esordio sistemico o febbre reumatica acuta che non risponde alla terapia con farmaci anti-infiammatori non steroidei.
Gestione medica della monoartrite infiammatoria cronica
Diagnosi diverse dall’osteoartrite dovrebbero essere prese in considerazione se il paziente ha un fluido sinoviale e conta globuli bianchi superiore a 1000 / ml, liquido sinoviale emorragico senza significativi cambiamenti radiografici associati a osteoartrite, proliferazione sinoviale, dolore o sintomi costituzionali.
L’attenzione diagnostica iniziale in un paziente con monoartrosi infiammatoria cronica è sempre verso una potenziale eziologia infettiva. L’artrite di Lyme può manifestarsi come monoartrite infiammatoria cronica o subacuta; la sua diagnosi si basa sui risultati di test sierologici. Il trattamento antibiotico è indicato.
Eseguire una biopsia sinoviale e la coltura se la valutazione iniziale (compresa la coltura di liquido sinoviale) non riesce a stabilire una diagnosi specifica. Considerare anche la necrosi asettica in un giunto con liquido articolare non infiammatorio.
La terapia per la gotta cronica richiede Allopurinolo o Febuxostat per correggere l’iperuricemia. Si può sopprimere l’infiammazione cronica con farmaci anti-infiammatori non steroidei, Colchicina (ad esempio, 0,6 mg due volte al giorno) o entrambi. La terapia intra-articolare con corticosteroidi può anche essere appropriata. Altre artropatie dei cristallini (ad esempio che coinvolgono il pirofosfato di calcio o l’idrossiapatite) sono anche trattati sopprimendo l’infiammazione cronica con farmaci anti-infiammatori non steroidei, Colchicina, o entrambi. La terapia intra-articolare con corticosteroidi può essere appropriata anche per queste patologie.
Una presentazione monoarticolare di una malattia reumatica sistemica viene trattata con terapie sistemiche adeguate alla malattia reumatica, soprattutto se i corticosteroidi intra-articolari sono controindicati o inefficaci per la soppressione a lungo termine.
Gestione medica della poliartrite infiammatoria cronica
Le diagnosi dovrebbero dare la valutazione iniziale del paziente sulle necessarie specifiche (e potenzialmente curative) terapie: ciò include quello che riguarda gotta cronica poliarticolare, endocardite batterica subacuta e sindromi correlate all’epatite-C (ad esempio crioglobulinemia e artrite). Tuttavia, il trattamento con i farmaci anti-infiammatori non steroidei viene spesso iniziato prima che venga stabilita una diagnosi certa.
I farmaci antireumatici modificanti la malattia, quali metotressato, leflunomide e il fattore di necrosi tumorale antagonisti-alfa (TNF-α) deve essere iniziato relativamente presto nel corso dell’artrite reumatoide o psoriasica in modo da prevenire il danno articolare. La consultazione con un reumatologo è utile per confermare queste diagnosi e per consentire l’inizio di un’adeguata terapia.
I corticosteroidi a basse dosi (10 mg o meno) possono servire come preziosa aggiunta al trattamento delle artriti infiammatorie croniche, anche se occorre prestare attenzione agli effetti negativi dell’uso di steroidi a lungo termine (ad esempio l’osteoporosi).
La scelta di farmaci anti-infiammatori non steroidei è guidata dalla co-morbidità del paziente e dalla risposta passata a questi farmaci; è anche subordinata a costi e frequenza di somministrazione. Dosi massime sono generalmente necessarie per una gestione efficace, tuttavia, dosi inferiori possono essere utilizzate se la malattia è adeguatamente soppressa con farmaci antireumatici modificanti la malattia.
I farmaci antireumatici modificanti la malattia vengono anche utilizzati per sopprimere sinovite e, quindi, prevenire o almeno ritardare lo sviluppo del danno articolare o della deformità. La scelta di un regime farmacologico di questo tipo dipende da una serie di fattori, tra cui la malattia di base, la co-morbidità, e le risposte a trattamenti precedenti. Le linee guida per l’utilizzo dei farmaci antireumatici modificanti la malattia sono regolarmente presentati in articoli specifici che descrivono queste condizioni (ad esempio, l’artrite reumatoide).
Gestione medica dell’osteoartrite o artrosi
La gestione è più efficace quando si prevedono misure fisiche per ridurre il carico sul giunto, un programma di esercizio fisico adeguato, nonché farmaci e, se necessario, un intervento chirurgico.
L’educazione del paziente è di vitale importanza: la storia naturale dell’osteoartrite (o artrosi) è punteggiata da episodi di dolore più intenso, seguiti da lunghi periodi di relativa quiescenza. Più è persistente il dolore cronico, più la malattia è in fase avanzata. I dosaggi di farmaci anti-infiammatori e analgesici devono essere calibrati alla gravità del dolore articolare; episodi acuti possono richiedere forzato riposo, l’uso di stampelle, un bastone, stecche o altri dispositivi ortopedici e rigorosa prevenzione di attività fisica. La prevenzione delle riacutizzazioni sintomatiche è la chiave per una corretta gestione della patologia.
Per quanto riguarda la gestione non farmacologica, chiedere al paziente di cercare di raggiungere o mantenere il peso corporeo ideale; è opportuno insegnare tecniche di conservazione. Consigliare un regime di terapia fisica per l’artrosi dell’anca e del ginocchio che includa flessibilità nella la gamma di movimento e resistenza, nonché esercizi cardiovascolari aerobici a basso impatto. Incoraggiare gli esercizi acquatici e/o corsi di tai chi. Prescrivere ortesi e dispositivi ortopedici (ad esempio un bastone, deambulatore o una soletta per le scarpe) per riposare o scaricare un giunto. Raccomandare l’uso di dispositivi per il sostegno delle attività della vita quotidiana (ad esempio un sedile per la vasca da bagno, un poggiapiedi per il WC, calzascarpe a manico lungo, ecc).
Per quanto riguarda la gestione farmacologica, le malattie lievi possono essere trattate con paracetamolo (fino a 1 g 4 volte al giorno), tramadolo (50-100 mg 4 volte al giorno) e farmaci da banco anti-infiammatori non steroidei (per esempio, naprossene o ibuprofene ) in dosi analgesiche, oppure da farmaci anti-infiammatori non steroidei per uso topico. Glucosamina e Solfato di Condroitina sono utilizzati comunemente dai pazienti affetti da artrosi (osteoartrite), ma possono avere un effetto placebo pronunciato. La fase moderata della malattia è trattata con farmaci anti-infiammatori non steroidei. I pazienti con anca sintomatica o osteoartrite del ginocchio che non hanno risposto alle modalità non farmacologiche e farmacologiche e sono disposti a, o in grado di, sottoporsi a protesi totale, possono essere trattati con analgesici oppiacei. Tuttavia, questi analgesici devono essere prescritti con cautela, dal momento che possono essere associati ad effetti collaterali nei pazienti anziani.
Sintomi persistenti che non si risolvono con la terapia lieve, spesso richiedono la somministrazione di farmaci anti-infiammatori non steroidei per periodi prolungati a dosi anti-infiammatorie. In questo caso, considerare attentamente le potenziali tossicità dei farmaci anti-infiammatori non steroidei, tra cui l’induzione di ulcere gastrointestinali ed esacerbazione dell’ipertensione, insufficienza renale e scompenso cardiaco. Utilizzare la dose minima efficace e monitorare pressione sanguigna e funzione renale. Nei pazienti ad alto rischio di un evento avverso, utilizzare l’ossigenasi-2 (COX-2), un inibitore selettivo o un farmaco anti-infiammatori non steroidei generico convenzionale con un inibitore della pompa protonica.
L’acido ialuronico intra-articolare può fornire sollievo sintomatico all’osteoartrite del ginocchio, con effetto di picco di circa 8 settimane dopo l’ultima iniezione. I corticosteroidi intra-articolari sono utili per i pazienti con effusioni sintomatiche. L’uso è limitato a 1 iniezione all’articolazione ogni 3 mesi.
La malattia grave, con presenza di dolore intrattabile o significativa incapacità, è un’indicazione di intervento chirurgico. Analgesici oppiacei possono essere utilizzati per il dolore intrattabile, ma in primo luogo considerare attentamente i rischi associati al loro uso a lungo termine.
Gestione medica dei dolori reumatici e disturbi dei tessuti molli
Sindromi dolorose regionali muscolo-scheletriche
Nei pazienti con sindromi da dolore muscolo-scheletrico regionale (ad esempio tendiniti, borsiti, lesioni dei tessuti molli acute e sindromi da dolore miofasciale regionale), la lesione dei tessuti molli può guarire con un breve periodo di riposo forzato. Ciò può essere ottenuto con l’immobilizzazione o con la rimozione di attività che richiedano l’uso della parte interessata. Si può inoltre fornire sollievo dal dolore sia con modalità non farmacologiche (ad esempio calore locale o freddo, stimolazione elettrica, massaggi) e agenti farmacologici (per esempio analgesici orali, farmaci anti-infiammatori non steroidei, miorilassanti, iniezioni di corticosteroidi e formulazioni topiche). È opportuno prescrivere un programma di esercizi da eseguire a casa o sotto la guida di un fisioterapista. Gli obiettivi devono includere stretching, potenziamento muscolare e l’educazione sulla corretta postura del corpo. Identificare ed eliminare i fattori che hanno aggravato il dolore dei tessuti molli (ad esempio alcuni movimenti, la postura, traumi ripetitivi, ecc).
Sindromi dolorose reumatiche generalizzate non infiammatorie dei tessuti molli
Nei pazienti con queste patologie (ad esempio fibromialgia e sindrome da ipermobilità), valutare terapie per la depressione o per disturbo del sonno coesistenti, se presenti. Un esercizio aerobico lieve ha un ruolo primario nel trattamento, oltre ad eventuali supporti che siano accettabili per un uso prolungato e che non promuovano dipendenza fisica.
11. Il trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico dell’artrite può essere indicato nei pazienti con:
– Diagnosi incerta;
– Artrite settica acuta / artrite reumatoide;
– Artrosi;
Quando la diagnosi è incerta, eseguire una biopsia sinoviale o dell’osso.
Nei pazienti con artrite settica acuta, utilizzare tecniche chirurgiche artroscopiche per drenare le articolazioni che non rispondono al drenaggio percutaneo con ago ripetuto. Se la protesi è infetta, può essere rimossa oppure può richiedere la sostituzione di alcuni componenti di polietilene per prevenire il ripetersi dell’infezione.
Nei pazienti con artrite reumatoide, va eseguita una protesi totale sulle grandi articolazioni (ad esempio fianchi, ginocchia e spalle). L’indicazione principale è alleviare il dolore che non è stato risolto dalla terapia medica; il miglioramento della funzione e del movimento sono obiettivi secondari non sempre raggiungibili. Si eseguono sinoviectomia del polso e tenosinoviectomia del dorso della mano per la sinovite persistente del dorso del polso e della mano, che minaccia l’integrità del tendine. Si correggono le sublussazioni dell’atlante subassiale della colonna vertebrale cervicale. Si esegue chirurgia ricostruttiva delle mani e dei piedi.
Nei pazienti con osteoartrite (artrosi), si può prendere in considerazione un intervento chirurgico in artroscopia per correggere squilibri interni (ad esempio lesioni meniscali) e togliere corpi liberi che causano sintomi meccanici. In assenza di questi sintomi meccanici, si potrebbe procedere con un “debridement – sbrigliamento” artroscopico (termine tecnico che indica l’ampliare lo spazio sub-acromiale) per la gestione dell’osteoartrite del ginocchio; oppure con una artroplastica totale per alleviare il dolore in fase avanzata. La saldatura dell’articolazione è indicata per le articolazioni come la caviglia (per esempio in caso di triplice artrodesi) e le articolazioni carpometacarpali, per alleviare dolore e instabilità. Anche in questo caso, il miglioramento della funzione e il movimento sono obiettivi secondari.
12. Rimedi Naturali
Artrite: 13 rimedi naturali
L’artrite può diventare un disturbo pericoloso perché le lesioni rischiano di diventare degenerazione articolare, soprattutto per chi ha qualche chilo di troppo. Quando la cartilagine si usura, l’osso sfrega contro l’osso, causando l’artrosi.
Sembra doloroso?
Infatti lo è.
L’artrosi compromette seriamente la qualità della vita per milioni di individui e, dato che è così invalidante, dolorosa e comune, molte false “cure” vengono pubblicizzate ogni giorno, dalla cartilagine di squalo a monili in rame e veleno di serpente. Oggi vorremmo consigliarvi invece 13 rimedi naturali che la ricerca suggerisce siano effettivamente in grado di contribuire ad alleviare il dolore.
1. Perdita di peso
Il miglior rimedio è il mantenimento di un peso sano, o perdere peso se necessario. “Per ogni chilo che si perde, si ottiene meno pressione sulle ginocchia”, spiega la Dr.ssa Laura Robbins dell’Hospital for Special Surgery di New York City. “Alcune persone possono vedere scomparire i sintomi perdendo da 5 a 10 chili”, aggiunge il Dr. Roy Altman, reumatologo e professore di medicina presso l’Università della California, a Los Angeles (nonché consulente per Novartis).
2. Esercizio fisico
L’attività fisica è essenziale per le persone che soffrono di osteoartrite, sia che si tratti di camminare intorno all’isolato per chi è più fragile e anziano, oppure nuoto per chi è più in forma. Chi è abituato a pensare che l’esercizio fisico peggiori l’artrite sbaglia, infatti è vero il contrario, a meno che non ci si limiti solo a correre sull’asfalto: i runners che soffrono di osteoartrosi del ginocchio dovrebbero ridurre il chilometraggio e cercare di correre su superfici morbide, come piste e sentieri sterrati. I programmi di allenamento devono includere sia esercizio aerobico (come camminare, nuotare, andare in bici) sia esercizi di rafforzamento, come ad esempio esercizi isometrici e isotonici.
3. Agopuntura
Molte persone trovano che l’agopuntura aiuti ad alleviare il dolore e la disabilità a causa dell’artrite; diversi studi hanno effettivamente confermato il beneficio. “Gli studi dimostrano che l’agopuntura è utile per molte persone ma non è utile per tutti” precisa il Dr. Altman.
4. Glucosamina
Ci sono alcune prove che suggeriscono che la glucosamina possa alleviare il dolore da artrite, ma continuano ad esserci polemiche sull’argomento: una discreta quantità di dati conferma che il solfato di glucosamina è utile, ma non il cloridrato. “Quasi tutti i prodotti venduti contengono il cloridrato, ma non ci sono studi che ne dimostrino l’efficacia” spiega il Dr. Altman. Negli studi che hanno dimostrato il beneficio del solfato, i pazienti ne avevano assunto 1500 mg una volta al giorno, il che ha portato a un migliore assorbimento nel corpo rispetto al dividerlo in due dosi.
5. Condroitina
Alcune ricerche hanno scoperto che questo integratore è in grado di dare risultati promettenti quando viene combinato con la glucosamina. Tuttavia, studi più recenti indicano che non è efficace. Anche se altri test suggeriscono che il solfato di condroitina possa rallentare la progressione dell’artrite, non è stato dimostrato che sia in grado di aiutare i sintomi (utilizzati 800 mg o 1.200 milligrammi al giorno). “Sono abbastanza sicuro” spiega il Dr. Altman “che l’unica certezza su di loro è che non diano effetti collaterali importanti: generalmente, sono ben tollerati”.
6. Altri integratori
“Altri integratori hanno mostrato risultati promettenti, ma l’evidenza non li sta confermando” aggiunge il Dr. Altman. Studi di settore (finanziati privatamente) hanno trovato benefici per rimedi a base di avocado e di soia, derivati appunto da oli di avocado e di soia, nei pazienti che soffrono di artrite dell’anca e del ginocchio. Tali studi, purtroppo, non sono affidabili come le altre ricerche. Ci sono inoltre alcune prove che la rosa canina e lo zenzero (ad alta concentrazione) potrebbero risultare utili e anche l’olio di pesce ha proprietà anti-infiammatorie. “Tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche” precisa il Dr. Altman.
7. Rimedi topici
Rimedi per frizione e creme hanno un valore limitato per l’artrosi. Tuttavia, ci sono alcune creme ora disponibili in farmacia (prodotti da banco) che si sono dimostrate utili. Diclofenac, Voltaren e altri farmaci anti-infiammatori non steroidei possono alleviare il dolore da osteoartrite a ginocchia, caviglie, piedi, gomiti, polsi e mani. Non è stato valutato nell’artrosi della colonna vertebrale, anca o spalla.
8. La capsaicina
La crema a base di capsaicina può alleviare il dolore da osteoartrite, ed è disponibile senza prescrizione medica; è composta dalla sostanza che dà al peperoncino il tipico sapore piccante. “Nessuno sa come funziona, anche se una teoria sostiene che la crema a base di capsaicina possa alleviare il dolore svuotando lo spazio fra le terminazioni nervose (dolore-impulso-trasmissione) di quella sostanza nota come “sostanza P” e le proteine correlate al gene della calcitonina”, spiega il Dr. Altman.
9. Elettricità
L’energia elettrica può essere utilizzata per aiutare ad alleviare il dolore e il gonfiore alle articolazioni artritiche in un due modi diversi. I fisioterapisti spesso utilizzano l’elettrostimolazione transcutanea o TENS, che prevede il posizionamento di elettrodi intorno alla zona interessata e la distribuzione di impulsi elettromagnetici attraverso la pelle. Inoltre c’è l’elettroagopuntura, che utilizza aghi nei punti di agopuntura, collegati agli elettrodi dove passa una carica elettrica. Ci sono alcune prove che entrambi gli approcci possano aiutare a fornire sollievo dal dolore, almeno a breve termine, ma anche migliorare la rigidità articolare.
10. Chiropratica
La terapia chiropratica non aiuta contro l’osteoartrosi ma è utile per trattare gli spasmi muscolari che spesso accompagnano la patologia. Ad esempio, se si soffre di dolore lombare acuto, la manipolazione chiropratica può rompere il tessuto oggetto dello spasmo muscolare e alleviare il dolore. Anche i trattamenti termici e a freddo possono essere utili per alleviare questi spasmi muscolari, che non sono solo dolorosi, ma possono anche interferire con il sonno.
11. Fisioterapia
Il più delle volte non c’è bisogno di interpellare un fisioterapista, ma in alcuni casi la terapia fisica può essere preziosa. Ad esempio, una persona molto debole che ha difficoltà a uscire o ad alzarsi da una sedia, può essere in grado di trarre beneficio dalla terapia fisica, che può essere praticata anche a casa. In questo caso, però, il terapeuta dovrebbe essere specializzato nel trattamento dell’osteoartrosi. “Molti fisioterapisti lavorano al trattamento di pazienti colpiti da ictus o lesioni sportive, mentre la terapia fisica per l’artrosi deve essere più effettuata con maggiore delicatezza” spiega il Dr. Altman.
12. Supporti esterni
Plantari per scarpe, bastoni, stecche, bretelle e altri dispositivi che possono aiutare a ridistribuire il peso dall’anca possono rivelarsi molto utili. In particolar modo, per esempio, per chi cammina con le gambe storte a causa delle ginocchia artritiche: in questo caso, alcuni supporti possono aiutare a ripristinare la normale distribuzione del peso, a ridurre il dolore e a prevenire il peggioramento. Le prove sull’efficacia dei plantari per le scarpe sono discordanti, anche se alcune persone li trovano utili, soprattutto se hanno discrepanze nella lunghezza delle gambe maggiori di un centimetro.
13. Informazioni
Non è una terapia, ma saperne di più sull’artrite è in realtà un’arma potente: è fondamentale che si capisca l’artrosi e i relativi limiti. Molte buone informazioni si possono reperire in rete, ma anche dalle fondazioni e dai centri per il controllo e la prevenzione delle malattie di ogni Paese. È inoltre necessario trovare un medico, o un reumatologo, che possa lavorare con voi per sviluppare un piano di esercizio e rispondere alle vostre domande.
Artrite: 14 rimedi casalinghi contro il dolore
La libertà di movimento è quasi un dato scontato, fino a quando diventa limitata. La causa, per alcuni, si presenta sotto forma di artrite o di infiammazione ad una o più articolazioni. Ci sono due tipi principali di artrite: osteo e reumatoide, ed entrambe influenzano il giunto in modi diversi. L’osteo artrite avviene quando la cartilagine tra le ossa diminuisce, fino a portare allo sfregamento di osso contro osso, mentre l’artrite reumatoide è po’ meno semplice perché è causata da una malattia autoimmune che porta all’infiammazione della membrana sinoviale (un tessuto molle che protegge le articolazioni del corpo) e che può portare alla perdita di tessuto osseo. Qualunque sia la vostra esperienza, ci sono rimedi naturali per l’artrite, in grado di aiutarvi a gestire il dolore e ad alleviare i sintomi.
1. Curcuma e zenzero
Curcuma e zenzero sono anti infiammatori e vi aiuteranno con entrambi i tipi di artrite. La curcuma, in particolare, è molto consigliata ultimamente: il suo principio attivo si chiama curcumina, ed è un potente antiossidante. Inoltre, abbassa i livelli di 2 enzimi responsabili dell’infiammazione (che è oggetto della lotta contro l’artrite) e si può assumere sia in forma di capsule o gustando un buon tè speziato tutti i giorni.
Avrete bisogno di…
– 2 tazze di acqua;
– 1/2 cucchiaino di zenzero in polvere;
– 1/2 cucchiaino di curcuma;
– miele (secondo il gusto);
Indicazioni
Portare 2 tazze di acqua a ebollizione, aggiungere ½ cucchiaino di zenzero in polvere e altrettanto di curcuma. Lasciare in infusione per 10-15 minuti. Togliere dal fuoco, aggiungere il miele a piacere. Dosi per 2 porzioni.
2. Sale Epsom
Il sale Epsom contiene solfato di magnesio, che non tutti conoscono, ma è una sostanza dalle proprietà meravigliose. Minerale naturale, il solfato di magnesio viene utilizzato per dare sollievo dal dolore già da molti anni, grazie ai suoi alti livelli di magnesio.
Avrete bisogno di…
– 1/2 tazza di sale Epsom;
– Una ciotola grande;
– Acqua tiepida;
Indicazioni
Riempire una grande ciotola con acqua calda e aggiungere ½ tazza di sale Epsom. Mescolare e poi immergere le articolazioni doloranti nel liquido. Se il dolore è in un posto scomodo, come ad esempio le ginocchia, si può provare a fare un bagno con i sali di Epsom. Riempire una vasca con acqua calda e aggiungere 2 tazze di sale. Restare a bagno per 15 minuti (almeno).
3. Magnesio
Il magnesio è una sostanza di cui il corpo ha bisogno, ma non è in grado di produrlo. Viene utilizzato in oltre 300 diverse risposte biomeccaniche: rilassa muscoli e terminazioni nervose, allevia la rigidità e il dolore; è responsabile anche del battito cardiaco. Non solo aiuta quindi a rilassare i muscoli e ad alleviare il dolore (anche da artrite ovviamente), ma aiuta le ossa a rimineralizzarsi. L’American Journal of Clinical Nutrition ha condotto uno dei tanti studi sul magnesio e ha dimostrato che le persone che seguono una dieta ricca di magnesio o hanno assunto integratori, hanno avuto maggiore densità ossea e struttura, nel complesso, più forte. Ci sono diversi modi per fare il pieno di magnesio e di utilizzarlo contro l’artrite, in particolare.
Integratori: le capsule di magnesio sono ideali da aggiungere alla vostra dieta, giorno per giorno, ma funzionano meglio se usate in combinazione con una dieta adeguata.
Dieta: questo è l’argomento più importante perché, per quanto lavorino in modo eccellente, gli integratori non possono fare tutto. Consumate cibi ad alto contenuto di magnesio, che includono le verdure a foglia (come gli spinaci), le noci e i legumi (come ad esempio i fagioli).
Olio: esiste un olio di magnesio che può essere applicato localmente e viene assorbito attraverso la pelle. Provate a frizionarlo sulle articolazioni doloranti per alleviare il dolore.
4. Olio extravergine di oliva
La consistenza dell’olio d’oliva, lo fa sembrare un rimedio adatto a lubrificare le articolazioni e ad alleviare il dolore dell’artrite… e infatti è così. Un composto principale contenuto nell’olio extravergine di oliva (EVO), chiamato oleocantale, inibisce gli enzimi infiammatori COX-1 e COX-2, proprio come fanno gli antidolorifici o l’aspirina. Lo studio ha dimostrato che un cucchiaio e mezzo da tavola è pari a 200 mg di ibuprofene. Tuttavia, l’olio non è la stessa cosa perché il calore distrugge l’oleocantale, quindi è necessario usare l’olio extra vergine di oliva nel momento più vicino a quello in cui viene spremuto: più è forte il sapore, maggiore è il livello di oleocantale (l’ideale è ricercare quello con la dicitura “spremuto a freddo”). Inoltre, essendo ricco di calorie, bisogna considerarlo come sostituzione ai grassi, ad esempio il burro.
Avrete bisogno di…
-2/3 cucchiai di olio extra vergine di oliva
Indicazioni
Strofinare un po’ di olio d’oliva sulle vostre articolazioni dolenti due volte al giorno, massaggiando con delicatezza. È inoltre possibile assumere 2-3 cucchiai al giorno, ma siate sicuri di rinunciare a qualche altra forma di grasso a causa dell’elevato conteggio di calorie (anche se queste sono cosiddette “calorie buone”).
5. Tarassaco
Incredibilmente ad alto contenuto di vitamine A e C, la foglia di tarassaco può aiutare la riparazione dei tessuti danneggiati e aiutare il fegato a filtrare le tossine dal sangue. Alcuni studi, anche se limitati, hanno dimostrato proprietà anti-infiammatorie dovute all’acido linoleico che contengono. L’acido linoleico è un acido grasso essenziale richiesto dal corpo per la produzione di prostaglandine, che regola la risposta immunitaria e sopprime l’infiammazione. A causa del suo coinvolgimento con le risposte immunitarie, il tarassaco (o “dente di leone”) mostra un grande potenziale quando si tratta di curare l’artrite reumatoide in particolare. Si possono consumare in insalata, oppure si possono degustare sotto forma di tè.
Avrete bisogno di…
Per il tè
– 3 cucchiaini di foglie di tarassaco fresco, o 1 cucchiaino di secco;
– 1 tazza di acqua bollente.
Per l’insalata
– 1 manciata di foglie fresche;
– 1/2 cucchiaino di olio extra vergine di oliva.
Indicazioni
Per il tè, versare 3 cucchiaini di foglie fresche o 1 cucchiaino di secco in una tazza di acqua bollente. Filtrare e bere due volte al giorno. Questo tè è molto amaro, quindi è possibile aggiungere il miele per addolcirlo un po’. Per fare una insalata, è sufficiente mescolare le foglie di tarassaco alla vostra solita insalata mista, o consumarle con un po’ di olio extra vergine di oliva. Le foglie più vecchie possono essere saltate delicatamente per ammorbidirle un po’.
6. Melassa
Ricca di minerali importanti come calcio, potassio e magnesio, la melassa è stato un rimedio per l’artrite, svariati anni fa. Per chi non lo sapesse, la melassa è ciò che resta dopo il 3° stadio di ebollizione dello sciroppo di zucchero ed è usata come integratore alimentare (si assume facilmente come bevanda). La melassa può contribuire ad alleviare i sintomi di artrite e dolori articolari, grazie alle sue componenti che regolano la funzione dei nervi e dei muscoli, inoltre aiuta a rafforzare le ossa.
Avrete bisogno di…
– 1 cucchiaio di melassa;
– 1 tazza di acqua calda.
Indicazioni
Riscaldare 1 tazza di acqua fino a quando diventa calda, ma non bollente. Aggiungere un cucchiaio di melassa, mescolare e bere una volta al giorno. Da tenere presente: a volte può avere un effetto lassativo.
7. Corteccia di salice bianco
Prima che venisse inventata l’aspirina, esisteva la corteccia del salice bianco. Il medico greco Ippocrate ha scritto su questo argomento addirittura nel 5° secolo A.C., ma è stato ai primi del 1800 che si è constatato che il salice bianco era così efficace perché conteneva un principio attivo chiamato salicina. La salicina viene convertita nel corpo in acido salicilico in modo simile all’acido acetilsalicilico, il principio attivo dell’aspirina ma, poiché la salicina naturale viene convertita dopo essere passata attraverso lo stomaco, ha minori effetti collaterali. Può essere assunto in forma di capsule, ma anche preparando un tè.
Avrete bisogno di…
– 2 cucchiaini di polvere o corteccia di salice bianco;
– 1 tazza di acqua;
– Miele o limone a piacere.
Indicazioni
Portare 1 tazza di acqua a ebollizione, poi ridurre lentamente il calore. Aggiungere 2 cucchiaini di polvere o di corteccia di salice bianco e lasciare in infusione per 10-15 minuti. Togliere dal fuoco e lasciare in infusione per altri 30 minuti. Bere due volte al giorno: è amara, quindi miele e limone servono a renderla più gradevole.
8. Esercizio
Quando è doloroso e difficile anche solo muoversi, l’ultima cosa che avete voglia di fare è alzarvi e svolgere il vostro esercizio ma, per quanto sgradevole possa sembrare, l’esercizio fisico è fondamentale per coloro che soffrono di qualsiasi forma di rigidità, dolori articolari o artrite: vi aiuterà a controllare il peso (un eccesso che mette a dura prova le articolazioni) a rafforzare i muscoli che sostengono l’articolazione anche quando la cartilagine si sta assottigliando, e a lubrificare le articolazioni, permettendo loro di muoversi più liberamente. Quando siamo inattivi, il liquido sinoviale delle articolazioni ha la consistenza di un gel denso, ma una volta che ci mettiamo in movimento e in fase di riscaldamento, il liquido diventa più viscoso e può fare un lavoro migliore a livello di lubrificazione delle articolazioni. Provate a immaginare se si fosse veramente sedentari tutti i giorni: molto presto si raggiungerebbe una rigidità tale, che sarebbe quasi impossibile muoversi. Ma se ci si alza e ci si sforza di muoversi ogni giorno, si sarà più forti e più sani.
Da provare…
– Uscite per una breve passeggiata di 15 minuti, oppure andate al lavoro a piedi, l’importante è che diventi una routine quotidiana;
– Fate alcuni esercizi di stretching in modo mirato, scegliendo quelli che si rivolgono specificamente ai giunti, per aiutarli a liberarsi della rigidità e dal dolore;
– Avete un cane? Accompagnatelo più spesso nelle sue uscite, o fate passeggiate più lunghe.
9. Menta piperita ed eucalipto
Menta piperita ed eucalipto non guariscono l’artrite in sé, ma hanno effetto analgesico o antidolorifico. La sensazione di raffreddamento che producono può “ingannare” temporaneamente il disagio e creare una sensazione lenitiva in grado di alleviare il dolore.
Avrete bisogno di…
– 5-10 gocce di olio di menta piperita;
– 5-10 gocce di olio di eucalipto;
– 1-2 cucchiai di olio vettore (oliva, mandorle, semi d’uva, ecc);
– 1 piccola bottiglia di vetro scuro.
Indicazioni
Miscelare 5-10 gocce di eucalipto e menta piperita, poi aggiungere 1-2 cucchiai di olio vettore. È necessario un olio vettore per diluire l’olio essenziale in modo che non irriti la pelle e si può scegliere fra olio di oliva, olio di vinaccioli, o qualcosa di simile. Conservare la miscela di olio in bottiglia di vetro scuro lontano dalla luce diretta del sole, e strofinare le articolazioni quando fanno male.
10. Bacche di ginepro
Uno studio svolto nel 2009 su una ricerca pubblicata sul Journal of Etnopharmacology ha scoperto che le bacche di ginepro effettivamente possono aiutare contro il dolore dell’artrite grazie ad un componente chiamato “terpinen-4-olo”. Il terpene sopprime un tipo di globuli bianchi chiamati monociti che, come parte del nostro sistema immunitario, rispondono ai segnali di infiammazione. Nell’artrite reumatoide, il sistema immunitario attacca i tessuti normali senza motivo, con conseguente infiammazione, dolore e perdita di funzionalità. Se preso tutti i giorni, il ginepro può essere in grado di ridurre l’infiammazione grazie al suo contenuto di terpeni. Solo le varietà di ginepro e ginepro comune d’India sono stati efficaci, nello studio.
Attenzione: non bere tè di bacche di ginepro durante la gravidanza!
Avrete bisogno di…
– 1 cucchiaio di bacche di ginepro secche;
– 1 bicchiere di acqua fresca;
– Miele (opzionale).
Indicazioni
Portare l’acqua ad ebollizione e versare 1 cucchiaio di bacche di ginepro essiccate in una tazza. Versare l’acqua bollente sopra i frutti di bosco e lasciare in infusione per 20 minuti prima di scolare. Bere 1 tazza due volte al giorno, aggiungere il miele a piacere, se gradito.
11. Uvetta e gin
Sia chiaro: non è un invito a consumare alcolici, ma il gin è un vecchio rimedio casalingo interessante per l’artrite. Il suo sapore è derivato da bacche di ginepro (di cui al punto numero 11) che contengono proprietà anti-infiammatorie. L’uvetta (solo la varietà “Sultanina”) necessita di solfuri nel trattamento, per darle il colore caratteristico e nei solfuri si trovano glucosamina e condroitina, utile per l’artrite in vari soggetti. Questo rimedio risale ad almeno 20 anni fa e alcune persone giurano che funzioni, mentre altre hanno avuto un successo limitato.
Avrete bisogno di…
– circa ½ tazza di gin;
– 1 tazza di uvetta;
– 1 piatto piano.
Indicazioni
Gli importi variano a seconda di quanta ne volete preparare, ma in fondo servono solo uvetta e abbastanza gin a ricoprirla (le dosi citate servono solo per dare una linea guida generale). Mettere 1 tazza di uvetta in un piatto piano e versare il gin sufficiente a coprirla. Coprire con un tovagliolo e conservare in un luogo oscuro, finché il gin è evaporato (circa 2 settimane.) Consumare 9 chicchi di uvetta al giorno, tenendo presente che i risultati possono richiedere diverse settimane per comparire.
12. Bosweilla
Della famiglia delle Burseraceae, è una pianta a fiore nativa dell’Africa e dell’Asia. La resina da masticare o l’estratto della pianta funziona come anti-infiammatorio e antidolorifico. Agisce contro l’infiammazione sugli “invalidanti” globuli bianchi che potrebbero causare gonfiore e aiuta anche a ridurre il tessuto già infiammato e doloroso. Di solito viene consumata sotto forma di integratore, molto simile a una vitamina, ed è venduta in molti negozi di alimenti per la salute e on-line, ha un costo abbastanza ragionevole rispetto ad alcuni altri integratori.
13. Pectina e succo d’uva
La pectina è una sostanza solubile in acqua che si trova nelle pareti cellulari delle piante, contribuisce a tenere insieme le pareti cellulari e dà consistenza al frutto, con la maturazione. Viene estratta dalla frutta da utilizzare come amalgamante in marmellate e gelatine, ed è diventata popolare come rimedio casalingo per l’artrite se combinata con succo d’uva. È stato provvisoriamente ipotizzato che aiuti il tessuto sinoviale a ritornare ad uno stato più elastico e lubrificato, che si traduce in movimento senza dolore. Nonostante siano necessari altri studi sulla pectina e sul tessuto connettivo, molte persone hanno trovato grande sollievo dalla loro artrite. Il succo d’uva è il liquido scelto perché a sua volta può aiutare con l’infiammazione.
Avrete bisogno di…
– 1 cucchiaio di pectina liquida;
– 220 ml di succo d’uva.
Indicazioni
Mescolare 1 cucchiaio di pectina liquida con 220 ml di succo d’uva e bere 1-2 volte al giorno. Dovrebbe impiegare una settimana o due per mostrare gli effetti.
14. Pepe di Cayenna
Un qualsiasi antidolorifico comune per i dolori articolari contiene capsaicina, che è un componente del peperoncino che inibisce la cosiddetta “sostanza P”. La sostanza P è coinvolta nella trasmissione dei segnali di dolore al cervello, e quando la capsaicina interferisce con questa trasmissione, si riduce al minimo il senso di disagio. È stato uno dei trattamenti topici più efficaci per l’artrite, e potrete prepararlo comodamente a casa, con l’uso di pepe di Cayenna. Tenete a mente, però, che è solo una soluzione temporanea e deve essere usata con parsimonia, se possibile.
Avrete bisogno di…
– 3 cucchiai di pepe di Cayenna in polvere;
– 1 tazza di olio di vinaccioli (o di qualsiasi altro olio, come mandorla, oliva, jojoba);
– 1/2 tazza di cera d’api grattugiata;
– pentole per cuocere a bagnomaria;
– 1 vasetto di vetro con un coperchio a tenuta stagna.
Indicazioni
Mescolare 3 cucchiai di pepe di Cayenna in polvere con 1 tazza di olio di vostra scelta e fare scaldare a bagnomaria per 5-10 minuti a fuoco medio. Aggiungere 1/2 tazza di cera d’api grattugiata e continuare a mescolare fino a quando non si sarà sciolto completamente tutto. Raffreddare la miscela in frigorifero per 10 minuti, poi mescolare di nuovo. Rimettere in frigorifero per altri 10-15 e poi mescolarlo nuovamente, infine metterlo in un vasetto di vetro con un coperchio a tenuta stagna e conservare in frigorifero. Si manterrà per 1 settimana e mezzo circa: da applicare quotidianamente, al presentarsi del dolore.
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Conclusione – Il nostro corpo è una struttura incredibile che richiede una grande quantità di sforzo e di stress ogni giorno è non bisogna meravigliarsi se le nostre articolazioni, che ci permettono il movimento, iniziano a sentire il peso dell’età che avanza. Nel caso dell’artrite reumatoide, la complessità del corpo fornisce un mistero che può o non si può mai risolvere: qualunque sia la forma di artrite o dolori articolari di cui vi capita di soffrire, una più profonda comprensione delle cause può aiutarvi a determinare il modo migliore per trattare la patologia. La natura fa un buon lavoro e può garantirvi il successo nel trattamento naturale, per riconquistare la libertà di movimento, ma non osteggiate le medicine.
Autore | Daniela Bortolotti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dottoressa, intanto complimenti per il blog e gli articoli molto interessanti. Io francamente mi permetto di aggiungere ai rimedi naturali i fanghi termali, io li faccio alle Terme di Chianciano, e si tratta di impacchi caldi che per un ciclo di 12 giorni prescritto dal SSN, determinano un sensibile calo del dolore e migliorano la mobilità delle articolazioni. Vorrei anche sapere cosa ne pensano lei e gli altri lettori come me.
Ciao Angela e benvenuta =)
Il trattamento termale oltre ad essere una vera goduria può far davvero bene quando si parla di dolori articolari, artrite, artrosi, reumatismi:
• si trova sollievo dal dolore;
• la mobilità delle articolazioni migliora.
Posso anche citarti uno studio condotto su 62 pazienti che soffrivano di problemi articolari cronici: Double-blind trial on the effectiveness of the Puspokladany thermal water on arthrosis of the knee-joints presente anche nel Journal of the Royal Society of Health.
LINK: journals.sagepub.com.
Ma quello che ho chiesto mi ce la risposta.Dove devi cercarle.