Una prima relazione ritiene possibile che gli inibitori BRD4 possano combattere il linfoma da effusione primaria.
I ricercatori della USC Norris Comprehensive Cancer Center hanno scoperto un nuovo modo promettente per il trattamento del tumore del sangue, raro e aggressivo, che si può trovare più comunemente nelle persone che soffrono di infezione da HIV. Il team della USC ha dimostrato che una classe di farmaci chiamati “inibitori della BET” (bromodomain) possono essere efficaci per l’effusione primaria da linfoma (PEL), un tipo di cancro per il quale non ci si aspettava assolutamente l’efficacia di quel determinato farmaco. “Un vero rovesciamento del paradigma“, ha dichiarato il Dottor Preet Chaudhary, dirigente della Divisione Nohl di Ematologia e Malattie del Sangue presso la Keck School of Medicine della USC e ricercatore principale dello studio. “I nostri risultati suggeriscono che questa nuova classe di farmaci può essere un trattamento efficace per una più ampia gamma di tumori, rispetto a quanto si pensasse“.
La PEL è causata da infezione del sarcoma di Kaposi associato all’herpes virus, la causa più comune di cancro tra i pazienti che soffrono di AIDS. La prognosi per la PEL è scarsa, con una sopravvivenza media di 3-6 mesi, quindi vi è una necessità urgente di nuove terapie per la malattia. Il Dottor Chaudhary e i suoi colleghi dimostrano che gli inibitori di targeting della proteina BRD4, bloccano la crescita delle cellule PEL in una provetta e in un modello di cavia: i risultati sono stati sorprendenti perché gli inibitori BET sono stati pensati per essere efficaci solo contro i tumori legati a una sovraespressione del gene Myc. “In realtà abbiamo scoperto che i tumori che iperesprimono il gene Myc non sono così sensibili agli inibitori BRD4. La PEL è più reattiva“, ha aggiunto lo scienziato.
Tumori come il mieloma multiplo e linfoma di Burkitt iperesprimono il gene Myc e hanno dimostrato di rispondere agli inibitori BRD4. Nella PEL, il gene Myc è moderatamente espresso e non c’è spostamento cromosomico, come si vede invece nel mieloma multiplo o nel linfoma di Burkitt. Ovviamente più ricerca è necessaria per creare i composti pronti per i test nelle persone, ma una volta che saranno pronti per la sperimentazione clinica, i dati di questo studio suggeriscono che potranno trattare un’ampia gamma di tumori. Il Dottor Chaudhary anticipa che eseguirà test usandoli da soli e in combinazione con altri farmaci.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Oncogene”, del gruppo Nature Publishing.
Per maggiori informazioni visitate il sito dell’Università Southern California – Scienze della Salute.
26 giugno 2013
Autore | Daniela Bortolotti
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