Testimonianza tratta dalla vera storia di Susan Gubar.
Circa una settimana dopo un intervento, ho trovato un adesivo sul mio corpo. Non era un adesivo divertente, messo lì forse per scherzo da un nipote, ma un rettangolo bianco di circa sei centimetri con un capezzolo in acciaio al centro. Che dire, rispetto a ciò che ho provato quando ho visto questo adesivo, una settimana dopo l’ operazione? Intervento che aveva funzionato o non aveva funzionato, non lo sapevo, ma che in ogni caso non riuscivo quasi più a ricordare, o quantomeno a distinguere da tutti gli altri eventi in ospedale.
Considero questo adesivo come distintivo delle donne del mio gruppo di sostegno, da quando ci siamo ritrovate a discutere di intimità durante un pranzo in un ristorante. C’è Judy, che è bellissima nonostante le sue vampate di calore, lei stessa ammette di sapere di essere ancora desiderabile, nonostante la perdita di peso causata dalle radiazioni. Ma non è sufficiente: quello che vuole sentire è il proprio desiderio che esplode. Il problema è quello di permettere al suo desiderio di tornare in contatto con il suo corpo, perché il suo corpo la riporta alle sue paure. Fare l’amore, d’ora in poi, le ricorderà sempre la sua mortalità?
Sarah invece si preoccupa per i desideri del suo coniuge. È giovane e vigoroso come lei, ed è stato a sua volta un paziente per più di un anno ma, fatta eccezione per la cicatrice appena visibile sul suo petto, il suo corpo è in fase di remissione. Lei lavora fuori casa tutto il giorno e non si vergogna di dirci che ha iniziato a leggere “Cinquanta sfumature di grigio“. “Sta funzionando?” chiede qualcuno. Beh, risponde che è solo a pagina 100, spera che la situazione si scaldi presto.
Rimango invece in silenzio, mentre Alison spiega che il marito la tratta come una bambola di porcellana. Diffidente dopo le sue numerose operazioni, è protettivo rispetto alla sua vulnerabilità. Diane, confida che lei non sente male, ma resta perplessa dopo il sesso, perché il suo compagno la trova diversa, come se fosse stata riprogrammata. Aggiunge, come se fosse una scusa: “sapete, è un avvocato”. Sto cercando di decodificare la valenza emotiva della sua osservazione, anche se sto ancora rimuginando sul mio adesivo erroneamente appiccicato proprio tra le scapole, in un posto che –tra l’altro- riuscivo a malapena a raggiungere.
Intanto Patricia, muovendo all’indietro i riccioli ribelli della sua parrucca bionda, ci fa ridere tantissimo con la sua lezione di vita: si vede con un uomo più giovane che ha trovato modi insoliti per “sceneggiare” la sua intensa cotta per lei. Il bello dell’infatuazione – anche se finora non è successo niente – la porta a credere che il sesso a mente libera potrebbe essere la strada da percorrere.
Joni Rodgers conferma questa idea nella descrizione più esplicita che ho trovato rispetto al fare l’amore durante la chemioterapia. Nel suo libro di memorie “Calva in una Terra di Capelli“, l’autrice cita le scene di sesso torrido che è riuscita a produrre nella finzione mentale. Nella vita reale, però, il sesso aveva l’odore e il sapore (su sé stessa e sul suo compagno) del veleno che le veniva somministrato.
Così mi è venuto da pensare al mio amato marito. E all’adesivo che involontariamente era rimasto appiccicato sul mio corpo per una settimana, anche se io non sapevo che fosse lì. Evidentemente non ero la sola. Lui ha 17 anni più di me ma, ho pensato quando ci siamo incontrati, tempo fa, che fosse giusto vivere insieme e amarci l’un l’altro (così come ancora facciamo ogni minuto, ogni secondo) e vivere l’oggi, di cui essere sempre abbondantemente grati. Ora, poiché il cancro e i suoi trattamenti hanno accelerato il mio processo di invecchiamento, la differenza dei nostri anni è stata cancellata.
Quella sera, mio marito ha cercato di consolarmi. Ha fatto una caricatura del vecchio signore che è diventato e della vecchia signora che sono io. Lo abbiamo guardato, e non c’era altro oltre a questo.
21 giugno 2013
Autore | Daniela Bortolotti
© RIPRODUZIONE RISERVATA