Marirosa Barbieri – Fingere di morire, farsi mettere in una bara, convocare attori che intonano nenie funebri e poi, d’incanto, resuscitare e ritornare alla vita più pimpanti che mai.
E’ la macabra terapia messa a punto da un gruppo di psicologi di Shenyang, capoluogo della provincia di Liaoning (Cina): si chiama death therapy (terapia della morte) e secondo gli esperti ha guarito dalla depressione numerosi pazienti.
La notizia che sia apprende dal quotidiano cinese Chinadaily è un po’ datata ma non per questo risulta meno curiosa ed interessante. C’è chi si chiede in che modo questo tipo approccio possa funzionare.
La risposta è molto semplice: gli esperti sostengono che sperimentando la morte, la quiete, il silenzio e la pace assoluta dei sensi, il paziente ritrovi il contatto con la vita ritornando ad essere felice e soddisfatto.
Più di 1.000 persone hanno già sperimentato con successo questa speciale forma di psicoterapia. I pazienti che soffrono di problemi psicologici o di forte depressione sembrano rinascere dopo il trattamento che avviene sempre sotto l’occhio vigile degli psicologi. Parola di Tang Yulong, consulente di un centro di salute psicologica.
La terapia della morte (death therapy) avviene in una stanza che contiene una bara molto capiente.
Il rituale terapeutico prevede che il paziente scriva le sue ultime memorie prima di sdraiarsi sul letto di morte ricoperto da un lenzuolo bianco. A questo punto il set è pronto: manca solo la veglia funebre messa in scena da un manipolo di persone.
L’atmosfera lugubre è destinata ad infrangersi dopo cinque/dieci minuti. E’ il suono registrato del pianto di un bambino a rompere il finto funerale. A quel punto, lo psicologo solleva il lenzuolo ed aiuta il paziente ad alzarsi.
“Negli ultimi 35 anni della mia vita ho pensato che i soldi, la carriera, il successo ed il potere fossero necessari per il mio benessere”, ha dichiarato uno dei pazienti, di nome Huang, al Chinadaily, “dopo questa terapia speciale, ho scoperto che quello che mi serve non è una casa, ma una famiglia, il calore di una famiglia”.
Huang, si legge sempre sul Chinadaily, ha tentato il suicidio quattro volte, ma è stato salvato dai familiari e dai colleghi. Dopo essersi sottoposto alla terapia della morte, ha cambiato atteggiamento verso la vita dandosi, anima e corpo, al volontariato.
Questo approccio terapeutico vale per tutti i soggetti che soffrono di depressione cronica?
Il dottor Tang tira un freno: “la terapia non si adatta di certo a tutti. Siamo sempre noi medici a decidere chi, tra i nostri pazienti, possa sottoporsi ad un’esperienza simile”.
Autore | Marirosa Barbieri
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