Il suo nome è Jan Brunstrom-Hernandez, è una simpatica dottoressa dell’ ospedale St. Louis Children e cura adolescenti affetti da forme gravi di paralisi cerebrali.
La Brunstrom-Hernandez non è un medico qualunque ma una donna che ha sofferto in prima persona di paralisi cerebrale, motivo che l’ha spinta a curare persone affette dal suo stesso male.
E così, ogni giorno, presso la struttura di riabilitazione da lei stessa fondata, la dottoressa ammonisce il paziente che si rifiuta di fare i suoi esercizi, sottolineando l’importanza di mantenere i muscoli sciolti, agili ed allenati.
La paralisi cerebrale incide notevolmente sui movimenti e sulla postura di chi ne è affetto. Essa di solito è causata da lesioni o dallo sviluppo anormale del cervello, prima della nascita. Molti pazienti soffrono anche di altre afflizioni, come difficoltà uditive o di parola.
All’inizio la dottoressa Brunstrom-Hernandez, non voleva farsi carico di un simile fardello: aiutare chi, come lei, soffriva di questo problema, le avrebbe in qualche modo ricordato quanto lei stesse male.
Solo dopo una chiacchierata con il dottor Mike Noetzel all’ospedale dei bambini di St. Louis, la vita della dottoressa è cambiata radicalmente. A quel tempo, Brunstrom-Hernandez stava facendo ricerche sulla paralisi cerebrale ed ha deciso di lanciarsi in una nuova esperienza: fondare una nuova clinica per curare bimbi con paralisi.
L’ospedale ha aperto i battenti nel maggio 1998. Anche se ci sono molte cliniche negli Stati Uniti che trattano la paralisi cerebrale, il centro Saint Louis è diverso.
Brunstrom-Hernandez e il suo team di medici e terapeuti trattano pazienti di tutte le età per un totale di circa 2.000 persone, dalla sua apertura.
La dottoressa ricorda ancora lo sforzo che sosteneva per muoversi e comunicare, sin da bambina. “Se il vento soffiava forte, cadevo”, ricorda, “tanto che mia madre mi spingeva a muovermi ad ogni costo e mi obbligava a stare in piedi a lavare i piatti. Mia madre ha contribuito a rendermi molto forte”.
Non è stato facile accettare la sua condizione, ha ammesso la dottoressa, che oggi rende grazie ai suoi piccoli pazienti che le permettono di curarli.
“Questi ragazzini mi hanno cambiato la vita”, ha detto, “mi hanno insegnato a credere in me stessa ed a guardarmi in modo totalmente diverso. Anche se per me è davvero difficile muovermi e stare in piedi, ci metto tutto il mio impegno. L’artrite reumatoide, infatti, provoca dolore e può essere davvero estenuante. Devo metterci molta costanza per stare in piedi ma il sorriso dei miei piccoli pazienti mi ripaga di tutto quanto”.
16 maggio 2013, ore 20:06
Autore | Marirosa Barbieri
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