Una cura economica per l’obesità della nazione? Alzare il prezzo del cibo. Alzare il prezzo del 10% potrebbe abbassare la percentuale di grasso corporeo nei giovani di circa l’8 o 9%, secondo una nuova ricerca dal National Bureau of Economic Research. “Un aumento del prezzo dei cibi calorici, indipendentemente dalla fonte, potrebbe servire a migliorare i risultati della lotta contro l’obesità“, secondo un documento di lavoro che tre ricercatori hanno redatto recentemente. Mentre il mondo affronta “un’epidemia di ciccia”, molti esperti hanno puntato il dito contro i prezzi bassi degli alimentari, il che ha portato a proposte di tassazione delle bevande zuccherate, dei preparati del fast-food e del cibo spazzatura, così come riduzioni e sovvenzioni alle realtà agricole.
La nuova ricerca, che si è concentrata sui giovani, rafforza l’idea che i prezzi influenzino l’obesità e che l’aumento dei prezzi nei fast-food potrebbe essere positivo, anziché spingere verso l’alto i prezzi dei cibi sani, come frutta e verdura.
Per condurre lo studio, i ricercatori hanno utilizzato misurazioni di grasso corporeo dal National Health and Nutrition Examination Survey – un programma dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie – ed i prezzi di 21 articoli del paniere-spesa, tra cui mezzo chilo di salsiccia, una pagnotta di pane bianco da circa 600 grammi e una bottiglia da due litri di Coca Cola. Inoltre sono stati analizzati anche i prezzi di tre voci del menu da fast-food: hamburger con formaggio da McDonald, una pizza margherita di Pizza Hut e il pollo fritto di KFC. La ricerca ha dimostrato che le persone provenienti da diversi gruppi – maschi e femmine, bianchi e non bianchi – reagiscono in modo diverso ad un aumento dei prezzi dei generi alimentari: l’aumento dei pasti fast-food, per esempio, aiuta a ridurre il grasso corporeo nei maschi più che nelle femmine. D’altra parte, i prezzi di frutta e verdura hanno una maggiore influenza sulle donne, che tendono ad aumentare di peso quando tali prezzi salgono, presumibilmente a causa di un conseguente cambiamento nella dieta. “Il prezzo di frutta e verdura non ha un effetto significativo sulla percentuale maschile“, hanno scritto Michael Grossman, direttore del programma di economia sanitaria ed Erdal Tekin, un economista della Georgia State University che, assieme a Roy Wada, ricercatrice politico/sanitaria presso l’University of Illinois a Chicago, sono gli autori della ricerca.
Lo studio ha anche riscontrato che la percentuale di grasso corporeo nei bianchi è più sensibile alle variazioni di prezzo di frutta e verdura rispetto a quella delle altre etnie.
Negli ultimi anni, tale ricerca ha stimolato una serie di proposte per rendere il cibo – o almeno alcuni alimenti, come quelli ad alto contenuto di grassi o di zucchero – più costoso. Ma il mezzo più diretto, dicono gli economisti, è quello delle “calorie fiscali”. Abigail Okrent, un ricercatore del Dipartimento Agricoltura, e Julian Alston, professore presso l’Università di California a Davis, hanno confrontato le varie opzioni: una tassa sui grassi, una tassa sullo zucchero, una tassa sulle calorie e una tassa alimentare generale. “Una tassa sulle calorie sarebbe un toccasana per l’economia: è il modo più diretto di tassare l’obesità“, ha dichiarato Okrent, “ma ci sono almeno un paio di problemi: i nutrizionisti preferiscono distinguere tra calorie buone e cattive e, tassare le calorie in generale, potrebbe spingere i prezzi in alto senza distinzione, causando così problemi economici alle fasce di popolazioni meno abbienti. E, probabilmente, non è politicamente corretto” concluso lo studioso.
28 giugno 2013
Autore | Daniela Bortolotti
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