Chi ha avuto in passato problemi di ustioni o altri incidenti sa quanto sia importante la ricerca sulla pelle artificiale.
Bene, a tutte queste persone possiamo pre-annunciare che a breve arriveranno i risultati di alcuni studi intrapresi sulla pelle artificiale e le sue possibili applicazioni avveniristiche.
E le ricerche sono tutte italiane. É stato infatti l’Istituto italiano di tecnologia a lanciarsi nell’impresa, sfruttando le potenzialità di iClub.
Cosa è iClub?
Si tratta di un piccolo androide, un robot piccino ma che può vantare già 4 anni.
Quale è stato lo scopo principe dello studio?
Lo scopo principale è stato quello di replicare una pelle quanto più simile all’umana.
La nostra pelle infatti ci mette in relazione con il mondo. Non è solo uno scudo o un contenitore. Attraverso la pelle noi percepiamo il caldo o il freddo, capiamo le caratteristiche di superfici e materiali, insomma analizziamo il mondo e in seguito usiamo questi dati per comportarci di conseguenza.
“Replicare la sensibilità della pelle, almeno in alcune delle sue peculiarità, è un passaggio fondamentale per qualunque percorso scientifico che si occupi di intelligenza artificiale”, rivela il direttore dell’Iit Roberto Cingolani.
A cosa stanno lavorando i ricercatori?
Gli scienziati hanno e stanno ancora lavorando a tre diverse tecnologie in grado di rispondere alle esigenze dello studio. Lo fanno dividendosi in tre gruppi di lavoro.
Il primo è coordinato da Giorgio Motta, specialista in ingegneria robotica. Nei loro laboratori stanno cercando di impiantare sul robot iClub dei sensori capacitivi (dello stesso tipo dei più famosi tablet e smartphone, per intenderci) che permettano alla macchina di sviluppare una primitiva sensibilità tattile. Probabilmente prima dell’estate avremo i risultati dello studio.
Da alcune indiscrezioni sappiamo che sono stati applicati, su diverse parti del corpo del robot, 2000 dei 4200 sensori previsti.
Il secondo gruppo, invece, è coordinato dal prof. Massimo De Vittorio del Centro per le nanotecnologie biomolecolari.
Questo altro team sta realizzando dei sensori tridimensionali che siano flessibili e piezoelettrici, ossia che son capaci di rispondere in maniera diversa a seconda della forma di contatto che li ingaggia: riescono a differenziare tra una pressione e una torsione, ad esempio.
Il terzo gruppo di ricerca, in fine, è coordinato dal prof. Paolo Netti.
Questa volta si è partiti da una coltura cellulare per ricreare un campione di pelle umana della misura di 10 centimetri quadrati e nei prossimi mesi si cercherà di arrivare a dimensioni più ambiziose come quelle di un foglio di quaderno.
Come potete ben capire tutti questi studi potranno essere di grandissimo aiuto ai medici che in un prossimo futuro potranno sopperire più facilmente ai problemi tecnici di un attuale trapianto di pelle.
Ma non è tutto perchè finalmente si potrebbe usare la pelle di laboratorio per testare medicinali e cosmetici, eliminando una volta per tutte il problema etico sulle cavie animali.
Autore | Viola Dante
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