Ginecologi ed ostetriche a tambur battente contro le piccole strutture sanitarie che fanno meno di 500 parti all’anno.
Il problema è tristemente noto: sul territorio nazionale ci sarebbero 128 strutture che fanno meno di 500 parti all’anno (la soglia minima stabilita nell’accordo Stato-Regioni del 2010) al di sotto dei quali i presidii andrebbero chiusi perchè pericolosi in quanto sprovvisti delle strumentazioni necessarie per far fronte ad eventuali emergenze.
Per questo, le società scientifiche di medici e ginecologi hanno dichiarato lo stato di agitazione sulla falsariga dello sciopero delle sale parto avvenuto un anno fa.
SALA PICCOLA, GRANDI RISCHI
L’accordo Stato-Regioni del 2010 è un documento programmatico che contiene le linee guida alle quali le strutture sanitarie avrebbero dovuto attenersi per garantire sicurezza nei parti.
Molti presidii hanno applicato le direttive, altri no.
Il documento, dal titolo “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualita‘, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo“, prendeva le mosse da alcune considerazioni.
“I punti nascita con un numero di parti inferiori a 500“, si legge, “privi di una copertura di guardia medico-ostetrica, anestesiologica e medico-pediatrica attiva h24, rappresentano ancora una quota intorno al 30% del totale e sono presenti, in particolar modo, nell’Italia centrale e meridionale. In queste unita’ operative, deputate all’assistenza del parto in condizioni di fisiologia, dove sarebbe ragionevole attendersi una minore prevalenza di patologie, si eseguono piu’ cesarei (50%) rispetto alle unita’ operative piu’ grandi e di livello superiore dove c’e’ concentrazione elevata di patologia ed il tasso di cesarei e’ molte volte inferiore“.
Per questi motivi, seguita il documento, è necessaria una razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, una guardia ginecologica e pediatrica attiva 24 ore su 24; l’integrazione dei servizi tra territorio ed ospedale e la realizzazione di reti dedicate al tema materno-infantile sulla base della programmazione regionale; percorsi assistenziali differenziati favorendo la gestione delle gravidanze fisiologiche presso i consultori; l’utilizzo di una cartella gravidanza-parto-puerperio integrata territorio-ospedale; la promozione dell’adozione di strumenti di collegamento e comunicazione tra le diverse strutture ospedaliere e territoriali; la diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza della formazione degli operatori.
IL PROBLEMA DELLA MEDICINA DIFENSIVA
Oltre ai rischi che le mamme ed i pargoletti corrono nelle piccole strutture, emerge sempre più prepotente l’effetto della medicina difensiva. Il personale medico che si trova in condizioni di lavoro non sicure e quindi è maggiormente esposto al rischio di subire cause legali per mala sanità, è disincentivato a prestare servizio in questi piccoli presidii.
I medici, soprattutto quelli più giovani, non riescono a far fronte alle spese delle assicurazioni e preferiscono rinunciare ad esercitare la professione, a scapito delle strutture in questione.
Autore | Marirosa Barbieri
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