L’iter per l’approvazione di un nuovo farmaco è lungo ed a volte sfiancante.
Lo confermano alcuni studi pubblicati sul Journal of the American Medical Association, che mettono in luce le fasi, più o meno farraginose, che spingono le autorità preposte, a dare l’ok all’entrata in commercio di un farmaco.
Esistono, precisano gli studi, “sostanzialmente due principii di base che ispirano l’operato delle autorità: il primo è la flessibilità mentre il secondo, chiamasi rigore“.
La flessibilità permette di mettere alla prova le novità; il rigore, invece, consente una verifica meticolosa del prodotto, nell’interesse della pubblica salute.
L’autorità deputata all’approvazione del farmaco in Europa, è l’Ema (European Medicines Agency) mentre quella americana è l’arcinota Fda (Food and Drug Administration).
Il problema “tempo” nell’approvazione di un farmaco è importante soprattutto nel caso in cui si tratti di medicine essenziali per la salute, i cosiddetti farmaci salva-vita, che richiederebbero un celere ingresso sul mercato.
Solitamente l’iter prevede diverse fasi, ben articolate. In Europa, ad esempio, si parte con la richiesta di immissione; segue la fase di ispezione; infine l’approvazione e l’inserimento del prodotto nel prontuario farmaceutico.
DIFFERENZA DI APPROVAZIONE USA, UE
Negli Usa, l’Fda accelera l’approvazione di farmaci destinati a malattie orfane, il cui dossier va completato entro 6 mesi, a differenza dei 18-24 mesi di tempo necessari, in Europa, dalla richiesta di apertura del dossier fino all’approvazione.
LA QUESTIONE FLESSIBILITA’
Un nuovo studio pubblicato sul Journal of American Medical Association, si legge sulla rivista Forbes, ha esaminato 188 nuovi farmaci approvati dalla FDA tra il 2005 ed il 2012 su 206 indicazioni, sulla base di 448 prove di efficacia, scoprendo che un terzo delle indicazioni è stato approvato in base di una sola prova e, studi basati su end point surrogati come risultati primari, costituivano l’unica base di approvazione per 91 prodotti indicati.
Le caratteristiche della prova differivano per scelta dei comparatori, durata, dimensioni del campione di pazienti studiati e tassi di completamento. Il risultato è che, mentre la FDA deve rimanere flessibile, le approvazioni successive suggeriscono che questi farmaci possono richiedere un controllo aggiuntivo una volta che sono sul mercato.
“Norme di omologazione flessibili possono portare all’approvazione di alcuni agenti terapeutici sulla base di numerosi studi clinici rigorosamente progettati e altri sulla base di studi minori o meno robusti comportando grandi livelli di certezza sui rischi e sui benefici delle medicine approvate“, scrivono i ricercatori.
Naturalmente l’ FDA cerca di essere flessibile data la necessità di prendere in considerazione trattamenti per i quali non esistono cure efficaci e questo ha portato ad accelerare il percorso di farmaci sul mercato.
Alcuni dati recenti della FDA hanno dimostrato che, dei processi di apporvazione di 27 nuove entità molecolari, lo scorso anno, due hanno subito un’accelerazione. Nel frattempo, 10 processi di approvazione hanno ottenuto lo status di fast track in quanto hanno risposto bene; 10 sono stati sottoposti all’esame di priorità nella speranza di ottenere cure mediche significative; e tre di questi due gruppi sono stati bollati come innovazioni perché hanno dimostrato miglioramenti sostanziali su almeno un endpoint clinicamente significativo.
I ricercatori JAMA, dunque, sostengono che approvazioni più rapide possono essere effettuate senza la necessità di studi costosi anche se questi sono ampiamente considerati il ”gold standard” della ricerca e sono particolarmente importanti per farmaci che potrebbero curare le varie forme di cancro.
In effetti, lo studio JAMA ha riscontrato che l’89 % dei processi esaminati sono stati randomizzati e quasi l’80 % sono stati in doppio cieco. In molti casi si è usato un placebo per il confronto; nel 32 % dei casi invece si sono utilizzati medicinali differenti; nel 13 % mancava un vero confronto.
Gli studiosi, tuttavia, esprimono cautela. “Tutto questo non significa che la FDA non ha fatto o non fa un buon lavoro di valutazione dei farmaci o un esame approfondito di sicurezza e di efficacia“, dice Joseph Ross, professore di medicina e salute pubblica presso la scuola di medicina della Yale University, “ma c’è un convincimento tra i pazienti ed i medici in base, secondo il quale i farmaci commercializzati sono sicuri e funzionano e non vi sono dubbi. Invece noi pensiamo che i dati mostrano che non possiamo sapere quanto pensiamo di sapere e che alcuni di questi medicinali meritano un maggiore controllo nella fase post-marketing. E’ vero che alcuni farmaci hanno dimostrato di funzionare durante brevi studi spesso incentrati su endpoint surrogati ma quanto ne sappiamo veramente? Quello che l’Fda cerca di fare è bilanciare la commercializzazione rapida del prodotto, con la salute pubblica. Sono solidale con l’agenzia che ha gestito questo difficile problema ma se essa prenderà decisioni basate su prove singole senza convalidarle in un secondo momento, questo costituirà un problema. Uno dei principii fondamentali della scienza è ripetere e confermare ampiamente l’efficacia di un farmaco“.
Naturalmente tutto questo può generare apprensione e scontento nella case farmaceutiche, nei pazienti e nei medici che invece desidererebbero che i farmaci venissero approvati il più velocemente possibile.
Autore | Marirosa Barbieri
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