Nuove ricerche e statistiche confermano il fatto che, per un grande numero di donne, la prevenzione fatta con i controlli annuali può sicuramente essere di aiuto per diagnosticare un eventuale tumore e poterlo così affrontare nelle sue fasi iniziali. Inoltre, le stesse statistiche rivelano che questo approccio vale per tutte le età. Quello che sembra un’ovvietà, in effetti non lo è del tutto perché, negli ultimi anni, erano stati sollevati dei dubbi sul fatto che i controlli annuali potessero servire, in quanto alcuni studi sembravano dimostrare che i tassi di mortalità non avessero registrato riduzioni importanti. Il fatto è che, come spesso accade quando si tratta di problemi di salute complessi, la casistica è varia e ancora in fase di studio, ma di una cosa si può essere sicuri: sostenere che le mammografie non stiano salvando vite è fuorviante.
Per eliminare tutti i dubbi, un recente studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che è stato condotto da un team di 29 ricercatori esperti “indipendenti”, provenienti addirittura da 16 stati diversi, ha esaminato 40 differenti analisi fatte su un significativo numero di donne. Lo studio in questione avrebbe anche potuto confrontare molte più ricerche, ma si è preferito essere rigorosi quindi scartando dati che erano conformi ai più alti standard. Lo studio intendeva, in parole povere, accertare se le mammografie stiano salvando vite, e i risultati, per parecchie categorie di donne, sono decisamente positivi. Osservando le cifre complessive, le donne che sono state invitate ad effettuare una mammografia possono aspettarsi una riduzione del 23 % del fattore di rischio di morte per tumore al seno, rispetto alle donne della stessa età che non l’hanno fatta. Si tratta sicuramente di una significativa riduzione del rischio che peraltro, come sostengono i ricercatori, “bilancia” in qualche modo il fattore di rischio che una esposizione regolare alle mammografie in realtà potrebbe causare.
Inoltre, la stessa ricerca ha dimostrato come le mammografie possano essere utili anche per le donne di età avanzata, in molti casi sottovalutate, con dati che mostrano una significativa riduzione del rischio, significativamente superiore anche al rischio che si corre con l’esposizione alle radiazioni. Come previsto da gran parte dei 29 ricercatori, la categoria di donne che trae la maggior parte di benefici grazie alle mammografie di routine è quella che va dai 50 ai 69 anni di età: in questo caso le percentuali di rischio sono più basse circa del 40% rispetto alle loro controparti non testate.
Lo studio stabilisce che anche le donne che invece hanno fatto esaminare i loro seni regolarmente dai loro medici, vedono riduzioni significative del loro rischio di morte, con diagnosi scoperte prima rispetto alle altre.
Tuttavia, per non sottovalutare del tutto le precedenti preoccupazioni, lo studio in questione ha scoperto che ci sono limitate evidenze a sostegno delle mammografie di routine per le donne nella fascia di età dai 40 ai 49 anni, o poco al di sotto: pare che ci possa sì essere una leggera riduzione del rischio ma, per una parte dei ricercatori, trascurabile, mentre i rischi dovuti ad una diagnosi errata e, in alcuni casi, all’esposizione alle radiazioni rimangono un dato sensibile.
Il rapporto fa notare come possano esserci alcune aree in cui le mammografie potrebbero effettivamente contribuire a causare problemi. Per esempio, viene evidenziato il problema che riguarda le cosiddette over-diagnosi: per esempio nel caso di una paziente con una “crescita” benigna che non sarebbe stata dannosa, ma una volta rilevata di conseguenza costringe la stessa a subire trattamenti che forse non erano necessari, a volte anche con conseguente mastectomia, anche se in casi rari. Inoltre, alcune donne potrebbero dover subire ulteriori test, con tutte le tensioni emotive che la possibilità di essere ammalate mette, per poi ottenere il “via libera”.
Il rapporto rileva inoltre che esistono modi per cui la pianificazione delle mammografie potrebbe essere migliorata facendo altri controlli prima come per esempio i test genetici. Per molte categorie di donne possono esserci molti benefici, in quanto le stesse possono probabilmente rimanere tranquille facendo screening meno frequenti.
In definitiva, gli esperti appaiono fiduciosi nel sostenere che sì, le mammografie sono uno strumento utile per combattere il tumore al seno, e che i benefici superano i rischi.
Uno dei 29 ricercatori, il dottor Stephen Duffy, ha dichiarato quanto segue:
“Questa ricerca è stata molto importante, in quanto si spera di rassicurare le donne di tutto il mondo che lo screening del seno con la mammografia sia utile per salvare vite. É stata dimostrata l’evidenza per cui lo screening del seno sia uno strumento essenziale per ottenere una diagnosi precoce, e quindi potere ridurre il numero del tasso di mortalità. Ciononostante, abbiamo ancora bisogno di svolgere ulteriori e più approfondite ricerche sui metodi di screening alternativi, come per esempio la tomosintesi digitale del seno, una forma nuova di monitoraggio che si basa sulle immagini in 3D, che potrebbe migliorare la mammografia restringendo il campo di azione della radiazioni alle sole zone più “dense” della mammella. ”
Donne più giovani dei 60 anni: perché effettuare mammografie regolarmente?
Ci sono diversi motivi per cui i medici potrebbero raccomandare uno screening annuale o in qualche modo regolare, ma di solito hanno tutti a che fare con la probabilità statistica di sviluppare un tumore al seno. La presenza di alcuni geni, o alcune mutazioni degli stessi, possono incrementare le probabilità di sviluppare il tumore, anche se la famiglia della paziente esaminata non ha una storia di precedenti reali di cancro al seno, per cui se questo fatto diventa evidente il medico può decidere di pianificare screening di routine, anche se la paziente in questione è molto più giovane rispetto alla media di età che generalmente è più esposta ai rischi. Se si hanno dei geni “sospetti” è davvero fondamentale tenere d’occhio il tessuto del seno anche con la auto palpazione, in modo da potere al più presto riscontrare i segni di quello che potrebbe essere anche addirittura un cancro aggressivo, per potere ricevere le cure del caso in tempo.
Un importante “distinguo” riguarda i diversi gruppi etnici e razziali, che possono avere rischi differenti rispetto alla popolazione occidentale delle donne (di pelle bianca), per le quali le linee guida generali sono spesso su misura. Tutto questo perché le varie etnie hanno diversi tassi di predisposizione genetica.
Inoltre, se un membro della famiglia ha avuto il cancro, c’è la possibilità che il tasso di rischio sia più elevato. Allo stesso modo chi ha avuto, o ha ancora un tumore che non riguarda il seno, può avere ancora più probabilità di sviluppare alcuni tipi di cancro al seno, per cui gli screening diventano fondamentali.
Altri fattori che potrebbero indurre il medico a prescrivere una mammografia sono l’uso di trattamenti ormonali (soprattutto se combinati con una predisposizione genetica al cancro), l’obesità e il consumo elevato di alcol.
In definitiva, le mammografie possono essere utili a far risparmiare denaro e soprattutto tempo prezioso per le cure, purché siano adeguatamente programmate e “calibrate” in funzione della gestione dei fattori rischi, in base all’età e alle predisposizioni, oltre che alla storia di salute della famiglia. Certo, le mammografie non sono uno strumento infallibile, ma questa ricerca conferma che hanno un valore clinico reale e tangibile.
Autore | Daniela Bortolotti
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